martedì 15 febbraio 2011

WOPR

Ben Ali, Mubarak, Gheddafi, Bouteflika, Ahmadinejad, Putin, il dragone cinese: a guardarsi in giro, pare che la democrazia sia una bestia in estinzione, confinata nella riserva, nel ristretto giardino di casa nostra, da tenere alla catena, come un cane;
certo, messi tutti assieme, fatto l’appello, non c’è da stare allegri e quelli che ho nominato sono come la crosta di una lievitata pagnotta;
non erano e non sono paladini della giustizia o illuminati reggitori di popoli e genti, quelli che rispondono alla conta.
L’un per l’altro sono padri-padroni, che considerano la gente come popolo bue: da bastonare senza pietà quando, menato al pascolo, non segue la retta via.
Ben Ali, Mubarak, Gheddafi erano e sono incrostazioni decennali, per i rispettivi paesi;
ma ci abbiamo pasteggiato assieme;
Putin tiene il rubinetto, la tettarella da cui succhiamo quel gas che scalda i nostri inverni e Gheddafi, oltre a questo, pure il petrolio, oltre a commesse lucrose: il tutto a permetterci di girovagare con le nostre macchinine, a far funzionari centrali, a tenere il culetto al caldo, quando la stagione ghiaccia, e tanto altro.
Possiamo fare a meno dei sigari di Cuba e, avendo altro fornitore, pure del venezuelano Hugo Chavez che, di fatto, fa emanare leggi che paiono il vestito del sarto, quello su misura, che arrotonda spigoli, asseconda curve e rotondità, cancella i difetti.
Forse che a Myanmar, l’ex Birmania, si sta meglio?
Come ai tempi del genocidio in Ruanda, tra Hutu e Tutsi, quando si scontrarono due opposte realtà, a colpi di machete;
si assistette alla macellazione come al cinema: godendosi lo spettacolo mangiando, con Popcorn e Coca-Cola.
E non fu una cosetta da bruscolini: più di 3 milioni di morti!
Ma dal Ruanda non ci arrivava nulla e quindi, non incidendo sulle nostre abitudini, sul nostro stile, sulle usanze, sul “comodoso” tran-tran quotidiano, ci fregava ‘na beata mazza.
Interessano a qualcuno gli Uiguri, etnia turcofona e minoranza islamica che vive nel nord-ovest della Cina, torchiati e presi a calci nel popò dal nuovo padrone dei mercati?
E del Tibet, occupato e colonizzato dai cinesi che ora, con la poderosa ferrovia che arriva sin nel cuore di quel vecchio paese, ci porta carriolate dei suoi, a cancellare con il tempo e il numero, gli sfrattati e veri padroni di casa?
Mica sono i palestinesi, che se non gli mandi palanche e soldoni, ti vengono a mettere le bombe in casa.
Lontani dagli occhi, lontani dal cuore;
Siamo nella realtà del “Do ut des”, io do affinché tu dia.
Senza contropartita, nisba!
Come per le targhette appese dietro la cassa, in bar e ristoranti: “Qui non si fa credito”.
Ben Ali, Mubarak, Gheddafi, oltre a dare stabilità politica all’area loro, rendevano, anche in termini di soldi, che saranno pure lo sterco del diavolo, non il tutto della vita ma, per sicurezza, “Melius abundare quam deficere”, meglio abbondare che scarseggiare.
In ogni dove del mondo islamico si assiste alla caccia e alla cacciata dei Cristiani;
non è un fenomeno circoscritto, ma un’orchestrazione perfettamente diretta.
Tolta la scheggia nell’occhio, cioè Israele, l’islamismo potrà guardare lontano e non più lacrimare.
Riuscendo a coagulare - anche a costo di resa di conti tra fratelli - una massa, su un collante comune e antichi splendori, di fede, ricchezza e potenza, ancora saremo a gridare “Mamma, li turchi!”.
L’Afghanistan è un pantano, il Pakistan traballa, ma ha ricca dote di atomiche;
il Libano ha le metastasi, e Hezbollah ne è il tumore aggressivo e in crescita esponenziale.
Hamas, armata fino ai denti, muscolarmente tiene il suo gregge sotto tiro.
La Turchia è persa, quando ad Erdogan gli è riuscito di decapitare l’antico guardiano: quell’esercito che, da Ataturk in poi, è sempre riuscito a tenere fuori dai giochi quella religione che ora sta riacciuffando il tempo perduto, ed entra a gamba tesa, pesantemente e condiziona la vita di ognuno, nello scorrere quotidiano.
Ben Ali, Mubarak...se il vuoto non sarà presto coperto dal vecchio adagio gattopardesco, del “Tutto cambia affinché nulla cambi", sarà occupato dai Fratelli Musulmani o simili e nessuno fermerà più il crollo del castello di carta.
Yemen ad Al Qaeda, Giordania certo non ad anime belle;
e non si crederà mica che l’Arabia Saudita, con i suoi principi gaudenti e inetti, resti in piedi, sotto i colpi di un giro di purga “Corallahnica”?
Davanti a questo sconvolgimento apocalittico, ad un mondo di gelatina che traballa, sta circolando una bufala, una balla colossale: dietro a tutto ci starebbe il genio di Obama!
Magari è un refuso: qualcuno voleva dire: Osama.
Già, perché se così non fosse, Obama non sarebbe un ciula, ma pure cretino, che ha iniziato a schiacciare i bottoni di “WOPR”, pensando che fosse il Risiko.
Nel film “War Games”, il ragazzino protagonista, David Lightman, riesce fortunosamente a collegarsi al Pentagono, con “WOPR” (War Operation Plan Response: Responso del piano operativo di guerra), una forma di intelligenza artificiale in dotazione all’esercito, programmato per giocare numerosi giochi di guerra, compreso uno denominato “Guerra termonucleare globale”, per rispondere ottimamente a qualsiasi attacco nucleare nemico possibile.
WOPR comincia a fare funzionare la simulazione sullo schermo principale a NORAD, con l’antagonista David, che figura essere l'Unione Sovietica all’attacco, con i suoi missili.
Peccato che WOPR non distingue tra realtà e fantasia, ed inizia veramente a caricare i codi ci di lancio per rispondere all’aggressione, ma i missili sono veri!
L’espediente finale, per far capire alla macchina che il gioco non vale la candela (quella da cui dovrebbe ripartire l’umanità, se la cosa fosse andata a mal fine), fu quella di far intraprendere in contemporanea, a WOPR, il gioco di tic-tac, quello della griglia di nove caselle, che se riesci subito ad occuparne quella centrale, mai sarà possibile fare filotto, ovvero, combinare tre simboli tuoi contro l’avversario, e vincere la combinazione di metterne tre identici in fila o in diagonale.
Nessun vincitore.
WOPR tenta inutilmente tutte le combinazioni, assorbendo sempre più energie da questo, a scapito del lancio di missili.
Arrivato a capire che è inutile, termina con saggezza e, con voce metallica esclama:
«Strano gioco: l'unica mossa vincente è non giocare...David, facciamo una partita a scacchi?»
Grande WOPR!

No, Obama non è dietro il sacrificio di pedine: caduta una, poi due, abbozza, fa la faccia intelligente ma non ha capito ‘na beata fava di quello che sta accadendo sulla scacchiera mondiale, abituato in casa al gioco dell’oca.
Ancora peggio: sta improvvisando, vivendo alla giornata nel tentativo di parare i colpi di tanti attori veri, che lo stanno riempiendo di botte come un sacco da boxe.
Sta ancora tentando di vincere al tic-tac, quando chi è partito ha già messo il pallino al centro.

Ma lui non ha l’intelligenza di WOPR.


Obama non è WOPR, purtroppo.

Ma forse sbaglio: io leggo - lo ammetto - solo la stampa provinciale, non quella in inglese e il surrogato, si sa, non ha il sapore dell’originale.


Io, secondo me...15.02.2011