Chiamateli Rom, zingari, dategli il termine che vi pare, ma non sono e non formano valore aggiunto.
Se ne sono andati, con il mugugno sulle labbra, ma con il sorriso beffardo di chi sa destreggiarsi nel paese dei balocchi e dei bambocci: poco più in là si sono rifatti, belli e uguali a prima, rioccupando terra e riedificando la città di lamiera, la cara "Sheet metal city", che io ribattezzo in "Shit city".
Non ce li ho messi io lì, non l'abbiamo fatto noi: avevano occupato un terreno avvelenato, portandoci i loro bambini, di cui erano i primi a doversi preoccupare, da genitori - ammesso che tutti lo siano - a dimostrare attenzione ed umanità alla prole, ma ci ha dovuto pensare il Comune di Milano a togliere i piccini e scacciare i grandi, irresponsabili, dal liquame velenifero.
Cambia nulla.
Da uno spazio vanno all'altro, come dalla provincia o dalle regioni: si muovono meglio di come faccio io in casa mia.
Se gli dai "incentivi" per andarsene altrove - fuori dai confini di questa Coglionazione italiana - intascano, passano la frontiera di là e la riattraversano dalla parte opposta, che sembra di sentirne le fragorose risa, gioiosi schiamazzi e reboanti sghignazzi quando oltrepassano, per un verso e per l'altro e, mentre tu miri l'ultimo della fila che scompare all'orizzonte, il primo lo hai ancora dietro il culo !
Hanno capito l'antifona, si scambiano le informazioni e il tam-tam tra cavallette funziona egregiamente:
- «In Italia, in Italia, fratelli: se dorme e se magna !»
E per noi, il ventre molle, spina senza midollo e albero senza più radici, neppure c'è rispetto: mazziati e cornuti.
Usano e abusano, senza regole: calpestano, picchiano, rubano, e pretendono, tanto il sadico gode sul masochista.
Siamo come gli indiani del vecchio Far West: a rimirare le colonne di carri che arrivano, allineati e brulicanti, come formiche legionarie, in quel che era nostro e chiamavano il Bel Paese.
Arrivano a frotte, la più parte...non riparte: rimane, nella terra del bengodi, diversa da quella di provenienza, che se non li ha calciati per farli uscire, ne ha reso impossibile lo starci;
Non hanno nè arte nè parte: li lasciano andare ringraziando la divinità per tanta fortuna, che rimane il meglio;
e, mentre da noi si lamenta la fuga di cervelli, dall'altra parte si benedice quella dei parassiti.
Solo a pensarci mi viene da grattare, che neppure le piattole riescono a fare pari effetto.
Mi raccomando: non rinfacciatemi d'essere razzista, egoista, forcaiolo, senza umanità, a ripetermi la parabola del figliol prodigo o del buon samaritano, che ben si capisce contro chi mi scaglio, chi non voglio e disprezzo, che l'acqua che ci arriva, dal lavatoio dei panni sporchi, a nulla serve: ci campano solo i pidocchi...parassiti, appunto;
come il tunisino irregolare di Mestre, provincia di Venezia, che dopo aver accoltellato la convivente fugge e, nel frenetico inseguimento, finisce sotto un treno, lasciandoci le gambe;
curato, assistito e coccolato, all'ospedale Umberto I, eccolo a fissare dimora, che non se ne vuole più andare, nonostante la sua bella e fiammante sedia a rotelle e la necessità di posti per altri che sono più conciati di lui;
s'arrangino: il mondo è fatto per i furbi e a nulla ancora è valso il decreto d'espulsione e i tentativi di terminare vitto, alloggio, assistenza e ristoro, in quella che doveva essere casa di cura.
Aspettate a lanciarmi pomodori, uova o molotov: pensate se è un vostro caro quello che se ne và a spasso con l'autoambulanza e il cuore a tocchi, e schiatta per strada perché non s'è trovato posto, prima e vicino !
Milano, Niguarda, Ospedale Maggiore...
Cà Granda;
sarà il nome che invoglia a spintonare per entrarci: se una cosa è grande, c'è spazio;
si purgano, spurgano, dormono la notte, s'infilano nei reparti e usano i bagni per la bisogna e ci lavano gli stracci.
Non sono degenti, no.
Alla chiusura dei cancelli, quando i visitatori se ne vanno e i malati pure, a nanna, eccoli spuntare:
mani e piedi che artigliano e aggrappano la murella o il cancello - et voilà ! - una valanga di sbandati che s'intrufolano, popolano e fanno loro quanto e quello che siamo a mantenere, per la cura dei nostri sfortunati indigeni terricoli;
per la maggior parte sono nordafricani e nomadi: non è un’accusa contro i diversi, il vedere il marziano, l'invasore o paura del buio oltre la siepe, ma la realtà, vista dalle telecamere di controllo e registrata dalle forze dell'ordine, chiamate in soccorso e costrette a ripetersi, per tutti i giorni a venire, "omnia saecula saeculorum".
Amen.
Talvolta si azzuffano, altri aprono tombini e usano la canna dell'acqua per riempirsi taniche e bottiglie e non mancano furti e scippi, sia a carico dei malati che dei loro parenti in visita;
le macchinette dei distributori automatici scassinate e svuotate "[...] una volta ogni sette giorni";
Allo stesso modo spariscono lenzuola, federe, coperte e cibo dalla mensa.
- «Li riconosciamo tutti, sappiamo chi sono [...] quando li invitiamo ad uscire ci minacciano, di farci i fatti nostri o sono guai».
In questo vivono e lavorano i dipendenti della struttura;
i pazienti sono ad aggiungere male alla malattia;
i visitatori, a subire e sopportare, nel vedere i propri cari, sofferenti, farsi carico di altro.
Mi fermo, ma non è finita, che ce ne sarebbe da dire: guardando in giro, ci si accorge pure noi, comuni mortali, quanto costa tanto fesso buonismo;
non è il portafoglio che sopporta maggior danno, ma la nostra attendibilità e faccia, che il "Volemose bene", derivato da impotenza, incapacità e imperizia, non porta rispetto e, senza di questo, siamo a valere meno che una caccola di mosca.
Non voglio autoritarismo, ma autorità; non pigro lassismo ma selezionata bontà, che se è vero che non tutti lo sono, tanti ci sono, a vivere di rendita, alle spalle di un prossimo ingenuo e credulone;
a donare il sangue, sì, ma non a parassiti !
Io, secondo me...08.04.2008
martedì 8 aprile 2008
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