lunedì 29 settembre 2008

Canossa, Matilde e noi

- «A Canossa, a Canossa...»

No, non con il capo cosparso di cenere, in umiliazione penitente, come fu per l'Enrico IV, "sciur paròn" del Sacro Romano Impero, che ebbe la malaugurata idea di questionare con l'allora Papa, Gregorio VII, a chi toccava stare sopra e a chi sotto.
Gregorio, incazzato, giocò la carta migliore che poteva: la scomunica.
Cavoli amari, per i tempi: liberava i sottopancia dall'obbedienza e il capoccia da autorità e autorevolezza.
Da un momento all'altro, dalle stelle alle stalle, il passare dall'essere seduto su cuscino di raso al cuneo di pietra.
Peggio: la certezza d'essere preso a calci da ognuno, come un pallone.
Visto che la partita di calcio l'avrebbe giocata in tanti, sempre pronti a fregarti la sedia da sotto i guanciali, meglio strisciare ai piedi dell'arbitro, a pregare di ritirare il cartellino rosso.
Enrichetto nostro partì dai suoi lidi nel mese più gelido e freddo che cronaca ricordava, dentro un sacco da penitente, arrivando un paio di mesi dopo ( non c'erano ancora i viaggi organizzati, l'Alitalia e i "Last minute", le occasioni dell'ultima ora, da prendere...al volo ) sotto le mura canossiane, dove la signora del maniero, Matilde, ospitava il rappresentante sampietrino: sostò e smoccolò in cuor suo per tre giorni e tre notti, innanzi al portale d'ingresso della fortezza Matilda, mentre imperversava una bufera di neve, prima d'essere accolto e perdonato.
Per la cronaca, Enricone poi si riprese e si vendicò e, anni dopo, andò fino a Roma, prese per il bavero il Pontefice e, a pedate, lo mandò in esilio, mettendo sul trono di Pietro una sua marionetta, ma non riuscì a fare lo stesso con Matilde che, come tutte le donne, ne sapeva sempre una più del diavolo.
Ma adesso basta, che non voglio mettere soggezione a chicchessia, sciorinando la mia vastissima cultura storica e padronanza del suo insegnamento;
chi volesse proseguire e godere di tanto mostruoso sapere, s'avvicini alla mia cattedra...un piano sostenuto da quatto gambe, nell'aula Fontanorum: la cucina.
Detto questo e quanto, a confronto peccatorum, io me la cavo ancora con il classico "Ego te absolvo a peccatis tuis in nomine Patris et Filii et Spiritus Sancti", una tiratina d'orecchi e la recita di qualche Ave Maria e Pater Noster, che anche per le trasgressioni valgo come il due di picche, cioè nulla.
Sono padrone di un Impero su cui il sole non tramonta mai, libero da ipoteche e illuminato sempre, che la luce elettrica mi fa sentire come Carlo V, quando fece lo sborone e lanciò la famosa frase, ad indicare l'ampiezza di possedimenti che mai restavano al buio in simultanea perché, se da una parte era il tramonto, nel lato più estremo, l'alba.
Pagando regolarmente la bolletta, anche io regno sul tre locali e doppi servizi, ed il sole me lo regolo da me.
Vivo sottotraccia ( non posso dire sottoprofilo, perché la proboscide mi frega ! ), e il Papa neanche minimamente sospetta della mia esistenza, e men che meno posso minare il suo potere, e quindi rischiare la scomunica.
Essendo padrone di possedimenti così esigui, non ho manie di grandezza e pretese d'egemonia su nulla e nessuno e a Canossa ci sono andato sbracato e girovago, da turista.

Matilde e il tesoro dei Canossa...io l'ho trovato: tanti amici.
L'anfitrione, il paziente e generoso "tessitore" dell'incontro, il buon pastore che ha riunito una parte di noi, amici di Magdi Cristiano Allam, è stato Elio Fumi, che praticamente giocava in casa.
- «Ehila, Beppe ! Mi vieni a trovare a Reggio Emilia, che ti erudisco sulle vicende canossiane, che c'è una bella mostra sull'argomento ?»
Io, che bramo il pane della conoscenza come il cavallo lo zuccherino e la foca il pesce, mi sono subito sentito interessato.
- «...e poi ci ritroviamo tutti in un bel ristorantino che conosco io, che sai: da noi si mangia da Dio».
Alla seconda parte del discorso, un automatismo ha scollegato il cervello per attivare lo stomaco, e mai confesserò al caro Elio chi veramente ha elaborato e accettato il suo invito, che alla fine ci tenevo a dire: «Io c'ero !»

E allora, «A Canossa, a Canossa...»

Sono partito, con un navigatore e un angelo custode: tom-tom e Claudia;
Il primo, fetente, manco s'è preoccupato di svegliarmi, all'uscita dell'autostrada, che se fossi stato per lui ora sarei a cercare Reggio Emilia sull'altopiano della Sila, che basta gli spostino una stradina e ti porta a galleggiare sull'acqua del Po;
Beh, forse è il caso che compri l'aggiornamento, che c'è ancora segnato il percorso d'Annibale attraverso le Alpi.
Claudia, più affidabile e di compagnia, è stata la madrina del piccolo Davide - il "mio" Gighè, figlio di Cristiano e Valentina - valida coordinatrice e collaboratrice del sito, la signora “H”, come il nostro piccolo tesoro la chiama e riconosce.
Lei, una giornata stupenda, l'incontro con Elio e tante facce nuove, la "gente di Cristiano", non poteva che essere l'oasi migliore a cui abbeverarsi, e meglio non poteva esserci, neppure l'intero tesoro dei Canossa.
E nel girovagare per stradine e musei, non poteva mancare la telefonata e una parola per tutti, da lui: Cristiano.
Da parte mia, devo ammettere: sconvolge !
Ha sempre un pensiero per ognuno, un'attenzione per chiunque, il ricordo per tanto che gli è caro:
ti fa sentire unico, prezioso, importante, utile, indispensabile.
E non è finzione, un copione e una recita, la pacca sulla spalla e l'invito elettorale a pranzo, per chiedere alla fine: «Vota per me !»
Lui ama la sua gente.
Vive per loro.
Per noi.
E questo è contagioso, che in un tempo di diffidenza ed egoismo ci fa avvicinare ed essere vasi comunicanti, ad ottenere un equilibrio travasando l'uno all'altro quel che, a nostra volta, è dato.
Quanti fili s'intrecciano, altrimenti vanamente ad agitarsi, nel tentativo di trovare un contatto ?
In un mondo virtuale, d'immagini e visi, più immaginati e immaginari che veri, siamo pian piano ad incontrarci, a toccarci, a dimostrare che siamo veri, che dietro idee c'è qualcosa, c'è qualcuno.
Cristiano e Valentina non stanno costruendo un'associazione: stanno costruendo l'uomo.
Attorno a lui nascerà l'associazione, non viceversa.
La nostra giornata è finita nel migliore dei modi, nel capire che c'è un mondo reale, non di gusci vuoti.
Noi ci siamo.
Io, tu, egli, noi, voi, essi: qualcosa, qualcuno che vale.

Grazie, Elio, grazie Cristiano e Valentina;
e grazie a quelli che mi sono stati attorno, di cui ho dimenticato forse i nomi, ma ho catturato i volti:
con il cuore, prima che con la macchina fotografica.

Grazie Matilde, grazie Canossa;
e grazie a Dio per avermi donato tutto questo.


Io, secondo me...29.09.2008

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