Doveva proprio essersi bevuto una razione doppia della pozione magica, il Gheddafi;
quella che Panoramix, il druido del villaggio, l'antico sacerdote celtico, personaggio dei fumetti di Asterix, distribuiva ai suoi e rendeva tutti più forti, tanto da scompaginare le temibili legioni romane di Cesare.
Gheddafix s'è proprio trasformato in un castigamatti.
Incazzato come una biscia, predica la guerra santa contro la Svizzera, rea di non volere la costruzione di nuove moschee in casa propria.
- «Dobbiamo proclamare con tutti i mezzi il Jihad contro l'infedele e apostata Svizzera!»
O Dio: gratta, gratta, alla fine si scopre che l'avvio il fumino personaggio l'ha avuto per un episodio più banale e meschino, ma tanto che l'ha giurata, che prima o dopo l'avrebbe fatta pagare: del come hanno cazziato il suo figliolo, l'Hannibal - e la di lui moglie, il 15 luglio 2008 a Ginevra - arrestati in un albergo a cinque stelle con l'accusa di maltrattamenti, "lesioni semplici, minacce e coazione", verso due domestici.
Comunque sia, i due se la cavarono con una multarella di qualche centinaio di migliaia di franchi ( spiccioli, per loro ), tornando da papà con la coda tra le gambe.
Ma guarda te che paese di merda, ha pensato Gheddafix senior, che uno non può bastonare dei servi in santa pace, come d'abitudine e tradizione di casa propria.
Forse che non si fa lo stesso con asini, mucche e buoi?
In fin dei conti, l'albergo non era a cinque stelle?
E tante ne hanno fatto vedere ai loro schiavetti.
Il 26 luglio scatta la richiesta di scuse del "papi", imbufalito per il trattamento riservato al figlio e alla nuora.
Risposta: quella dell'ombrello.
Gheddafix chiude i rubinetti del petrolio, ritira tutti i suoi averi dalle banche elvetiche, blinda l'aeroporto di Tripoli ai voli della compagnia svizzera, ottenendo una calata di braghe: il 20 agosto 2009 l'allora presidente della Confederazione, Hans-Rudolf Merz, si reca a Tripoli e si scusa per l'arresto "ingiustificato e inutile" di Hannibal Gheddafi, ma il beduino, con la rincorsa che si era preso, non riescì a fermarsi per tempo e ne combinò una delle sue;
due svizzeri sparirono in Libia, ricomparendo per essere subito condannati: "soggiorno illegale" e 16 mesi di detenzione, oltre al pagamento di un'ammenda; era il 9 novembre 2009.
La pozione di Panoramix continua i suoi effetti, come per il Viagra.
La virile erezione del nostro cammellato proseguì, in crescendo.
Tra alti e bassi, si arrivò al fatidico 14 febbraio 2010, dove la Libia annunciò la sospensione dei visti e quindi il blocco degli ingressi per i cittadini dell'area Schengen.
Da allora, il bauscia non smise di imbottirsi il davanti delle mutande con le più svariate imbottiture.
Il referendum, che il 29 novembre scorso ha visto il 57,5 percento degli svizzeri - e 22 cantoni su 26 - votare a favore del divieto di costruire minareti che ha detto "no" alle moschee, è solo è solo un pretesto, a ricercare l'antica mania di grandezza, quella botta di megalomania che lo prese da giovane, quando si credeva la spada dell'Islam, prima che qualche bombardiere americano e tonnellate di bombe lo ridimensionassero, portandolo a più miti consigli.
- «Chi tratta con la Svizzera è un infedele ed è contro l'islam, contro Maometto, contro Allah, contro il Corano!» e «la guerra santa contro la Svizzera, il sionismo, contro l'aggressione straniera non è terrorismo», ha ululato alla mezzaluna, il Gheddafix.
Bingo!
Le poche leccate che ha avuto, passando da una capitale europea all'altra, che gli hanno permesso di piantare tenda beduina in cortile, lo hanno convinto di avere a che fare con dei cacasotto e, forte dell'intruglio di Panoramix, il nostro si sente di tornare a fare lo sborone;
con buona ragione, devo ammettere, quando per "il ministro degli Esteri svedese e presidente di turno dell'Ue, Carl Bildt, il rifiuto alla costruzione dei minareti è 'un segnale negativo' e il Consiglio d'Europa parla di 'grande preoccupazione', al pari dell'italico ministro degli Esteri, Franco Frattini, che gli fa da eco e grancassa.
Davanti a tanta gelatina, a massa burrosa e formelle di budino, normale è che chiunque si troverebbe ringalluzzito, che non è come vedere la macchia sul davanti dei pantaloni dell'avversario che ti fa capire che c'ha paura e quindi si può infierire.
Era il giugno del 2009, quando il dittatore della Jamahiryya sbarcò da noi, all'aeroporto di Ciampino;
Sul petto, accanto alle decorazioni dell'alta uniforme, il colonnello esibiva una foto di Omar al-Mukhtar, eroe della resistenza libica contro gli italiani, impiccato dai fascisti il 16 settembre del '31.
Gheddafix si portava appresso, come un cane a guinzaglio, un vistoso bagaglio: alle sue spalle dalla scaletta scese un anziano signore vestito di bianco e zoppicante;
"Il figlio dell'eroe della resistenza, Mohammed ", spiegò l'ambasciata libica.
Dopo questo schiaffo, pure un altro ceffone ci ha rifilato, piantando la sua tenda beduina nel parco romano di Villa Pamphili.
Atti di sottomissione, come quelli della mia cagnolina quando si gira sulla schiena mostrando pudende indifese.
La guerra santa contro la Svizzera, il sionismo, contro l'aggressione straniera non è terrorismo.
Non dovremmo mostrarci meravigliati di tante spacconate, dopo aver visto l'accoglienza trionfale tributata alla liberazione di Abdel Basset Al Megrahi, autore della strage di Lockerbie;
il 21 dicembre '88 un aereo della compagnia Pan Am esplose in volo a causa di un attentato terroristico, perpetrato con un ordigno esplosivo nascosto nella stiva: 259 persone a bordo e 11 abitanti di del paese
morirono.
Nell'agosto 2009, trombe, fanfare e tappeti di velluto per l'assassino...la guerra santa non è terrorismo.
Gheddafix avrà forse perso del pelo, ma le unghie gli sono ricresciute.
Io, secondo me...26.02.2010
venerdì 26 febbraio 2010
giovedì 25 febbraio 2010
mercoledì 24 febbraio 2010
martedì 23 febbraio 2010
Figli delle stalle
A guardare l'albero dell'evoluzione ci si pompa il petto, come la Pamela Anderson, la bionda bagnina della serie televisiva "Baywatch", che non si capiva perché, per salvare l'affogato di turno, lanciava il salvagente, quando sarebbero bastate le tette al silicone a fare da piattaforma di galleggiamento.
Noi, del terzo millennio, siamo tronfi a riconoscerci il quel che pare la banchina d'arrivo della trasformazione, dove ci vediamo belli e simmetrici, uscenti e vincitori dalla selezione, a confronto di quel bruto che apre la serie dei genitori: piccolo, tozzo, peloso, pieno di gibbosità e con la sporgente canalina cranica a far ombra sui piccoli occhi porcini, con cespugliose ciglia ad esagerare il già ampio frontalino.
Che schifezza, quanto ribrezzo, quella chiavica dondolante come una campana su due zampette ancora da bestia arboricola e il dorso delle mani a sollevare polvere per il continuo strusciare a terra!
Ci si passa la mano sulla fronte spaziosa e sgombra da dossi e protuberanze, sportello di una scatola cranica che si vuole ricca di sugo;
- «Ah, che fortuna essere come siamo e non al pari del cavernicolo! Noi siamo diversi...figli delle stelle, noi.»
E già, vogliamo mettere quanto poco ormai abbiamo da spartire, con il troglodita!
- «C'abbiamo la luce, il telefonino, la macchina, Internet, la televisione, i satelliti in orbita e siamo andati sulla luna, noi!»
Nessuno più vuole avere a che fare con quel povero schizzo, uno scarabocchio di avara somiglianza umana, magari con il gancio di presa, un anello di congiunzione pure bestiale con un mondo ancora più infimo, di animalesca formazione;
passi il giocare di fantasia sul discendente gorillesco, ma fermiamoci li, senza andare oltre, che ormai con i parenti poveri non si vuole spartire eredità.
Eppure no, si ha voglia di mostrare ossa calcinate e vecchie di milioni d'anni, a mettere sotto vetro scheletrini di una progenie di sfigati, rozzi e grossolani antesignani dei fighetti d'oggi e dire che, si, quelli sono estinti per lasciare il posto a "er mejo": l'Homo Sapiens Sapiens.
Non si sono estinti;
o meglio: a noi sono giunti, restano e figliano ancora dei soggetti refrattari ad ogni legge del cambiamento, semplici assemblati e con modeste reti di neuroni, ma con quel tanto che basta per svolgere le normali attività di sopravvivenza: mangiare, bere, scaricare di corpo e andare di ciclostile, a duplicare all'infinito tanta bassa qualità, in piccola tiratura ma a costi contenuti.
Come per un elettrodomestico, hanno programma semplice ma efficace, a svolgere quel poco ma bene che devono fare.
Come uccidere i gay;
o bruciare le streghe.
Sono i figli delle stalle, per nulla in pericolo d'estinzione, anzi, pericolosamente vicini a conquistare la "vitalità del bacarozzo".
Sono ottusi, ignoranti, di spessore insignificante e capacità poco sopra allo zero, ma efficienti e specializzati nel poco che sanno fare: ammazzare.
Ultime dal fronte della mamma degli imbecilli, quella sempre incinta:
In Uganda, a Kampala si marcia al grido di "Uccidete i gay".
Il carognone di turno, conosciuto come "Malvagio Pastore Ssempa", ha chiamato a raccolta delinquenti e omofobi di tutta la città, che hanno sfilato esponendo striscioni e cartelli contro i "diversi", a sollecitare addirittura l'approvazione di una legge da passare in Parlamento, che criminalizzerebbe l'omosessualità e instaurerebbe misure repressive e di incitamento alla delazione.
Una specie di forma legalizzata per ottenere libera licenza di uccidere, un patentino per selvaggina da riserva di caccia grossa: lesbiche, gay, bisessuali, transgender, intersex e via andare.
Apripista per simili cazzate non potevano che essere fanatici religiosi di ogni sponda, i primi a credere sempre di avere tra le mani verità assolute: musulmani e cristiani - tra cui un Vescovo, Lawrence Chai della Libera Chiesa Apostolica del Kenya e Sheikh Ali Hussein della Moschea Answar Sunna - sono tra i primi pirlotti ad uscire da spelonche e caverne e menare la clava.
Il paese non è nuovo a simili cacce all'untore, che se questo marcio arriva a galla ora, quel di trovare capri espiatori, alibi per giustificare proprie impotenze e incapacità, è sport nazionale, che si è giocato e si gioca su più campi: Angola, Tanzania, Uganda, Camerun, Zimbabwe, Sierra Leone, Liberia e chi più ne ha ne metta, senza per questo dar loro esclusiva, che se si gratta la crosta, altri sicuramente sarebbero in lista, su tutto il globo terracqueo.
Sino a ieri eravamo alla caccia alla strega, una delle tante figure atte, al posto del tempo, da ammazzare quando prende la noia di vivere.
Sparpagliata a farina, ma in Africa, la credenza nella stregoneria è forte, comune e diffusa.
Le persone accusate sono torturate, perseguitate e uccise come mosche;
bastonate e mazzolate da bande, folle, pastori, genitori e familiari, in nome dell'esorcismo o per ottenere confessioni, sono vittime della giustizia della giungla, accoppate nell'indifferenza e fuori di ogni legge o, nel migliore dei casi, costrette all'esilio forzato e alla scomparsa.
Conferma che a sfiga segue sfiga, i più colpiti sono i soliti noti: poveri, anziani, donne, bambini e persone con disabilità.
Ovviamente, tutto per il loro bene, cancellandone il corpo per salvarne l'anima, magari dopo aver fatto ingollare loro i più astrusi intrugli - ritenuti magici - per purificarli dalla possessione demoniaca.
In più parti del continente nero, migliaia di bambini - presunti streghe e maghi - sono stati cacciati dalle loro case e costretti a vagare per le strade, abbandonati, picchiati, tagliati con coltelli, bagnati con acido o linciati da parte dei genitori, familiari e membri della comunità.
Non è raro che si creino gruppi spontanei di "vigilanti", che si sentono investiti di un compito essenziale, come per i "Sungusungu" del Kenya, che alcuni anni fa fecero a pezzi e bruciarono delle donne nell'azione denominata "Okoa Maisha", operazione salva una vita, considerandosi protettori del popolo e non omicidi.
"Deus vult!", Dio lo vuole: altri Pietro l'Eremita sono a promuovere le nuove Crociate dei Pezzenti.
Il brutto è che tanti sono a credere che la stregoneria sia largamente praticata e le persone uccise abbiano meritato il loro destino e addirittura che le streghe sono capaci di assumere sembianze umane, animali o insetti, secondo le varie credenze.
In Senegal è il gufo ad incarnare l'immagine del diavolo mentre in alcune comunità del Benin settentrionale è diffusa la credenza che, se un bambino non nasce venendo fuori prima con la testa e con la faccia all'insù, è stregone o un mago e deve essere ucciso.
La questione è affidata a un faccendiere che lega una corda attorno al piede del neonato e lo sbatte contro il tronco di un albero, lo annega o lo avvelena o lo affetta con il machete, secondo immaginazione e inventiva.
Siamo stati forgiati nel crogiolo delle stelle, ma per tanti è bastato il letame di stalla.
Io, secondo me...23.02.2010
Noi, del terzo millennio, siamo tronfi a riconoscerci il quel che pare la banchina d'arrivo della trasformazione, dove ci vediamo belli e simmetrici, uscenti e vincitori dalla selezione, a confronto di quel bruto che apre la serie dei genitori: piccolo, tozzo, peloso, pieno di gibbosità e con la sporgente canalina cranica a far ombra sui piccoli occhi porcini, con cespugliose ciglia ad esagerare il già ampio frontalino.
Che schifezza, quanto ribrezzo, quella chiavica dondolante come una campana su due zampette ancora da bestia arboricola e il dorso delle mani a sollevare polvere per il continuo strusciare a terra!
Ci si passa la mano sulla fronte spaziosa e sgombra da dossi e protuberanze, sportello di una scatola cranica che si vuole ricca di sugo;
- «Ah, che fortuna essere come siamo e non al pari del cavernicolo! Noi siamo diversi...figli delle stelle, noi.»
E già, vogliamo mettere quanto poco ormai abbiamo da spartire, con il troglodita!
- «C'abbiamo la luce, il telefonino, la macchina, Internet, la televisione, i satelliti in orbita e siamo andati sulla luna, noi!»
Nessuno più vuole avere a che fare con quel povero schizzo, uno scarabocchio di avara somiglianza umana, magari con il gancio di presa, un anello di congiunzione pure bestiale con un mondo ancora più infimo, di animalesca formazione;
passi il giocare di fantasia sul discendente gorillesco, ma fermiamoci li, senza andare oltre, che ormai con i parenti poveri non si vuole spartire eredità.
Eppure no, si ha voglia di mostrare ossa calcinate e vecchie di milioni d'anni, a mettere sotto vetro scheletrini di una progenie di sfigati, rozzi e grossolani antesignani dei fighetti d'oggi e dire che, si, quelli sono estinti per lasciare il posto a "er mejo": l'Homo Sapiens Sapiens.
Non si sono estinti;
o meglio: a noi sono giunti, restano e figliano ancora dei soggetti refrattari ad ogni legge del cambiamento, semplici assemblati e con modeste reti di neuroni, ma con quel tanto che basta per svolgere le normali attività di sopravvivenza: mangiare, bere, scaricare di corpo e andare di ciclostile, a duplicare all'infinito tanta bassa qualità, in piccola tiratura ma a costi contenuti.
Come per un elettrodomestico, hanno programma semplice ma efficace, a svolgere quel poco ma bene che devono fare.
Come uccidere i gay;
o bruciare le streghe.
Sono i figli delle stalle, per nulla in pericolo d'estinzione, anzi, pericolosamente vicini a conquistare la "vitalità del bacarozzo".
Sono ottusi, ignoranti, di spessore insignificante e capacità poco sopra allo zero, ma efficienti e specializzati nel poco che sanno fare: ammazzare.
Ultime dal fronte della mamma degli imbecilli, quella sempre incinta:
In Uganda, a Kampala si marcia al grido di "Uccidete i gay".
Il carognone di turno, conosciuto come "Malvagio Pastore Ssempa", ha chiamato a raccolta delinquenti e omofobi di tutta la città, che hanno sfilato esponendo striscioni e cartelli contro i "diversi", a sollecitare addirittura l'approvazione di una legge da passare in Parlamento, che criminalizzerebbe l'omosessualità e instaurerebbe misure repressive e di incitamento alla delazione.
Una specie di forma legalizzata per ottenere libera licenza di uccidere, un patentino per selvaggina da riserva di caccia grossa: lesbiche, gay, bisessuali, transgender, intersex e via andare.
Apripista per simili cazzate non potevano che essere fanatici religiosi di ogni sponda, i primi a credere sempre di avere tra le mani verità assolute: musulmani e cristiani - tra cui un Vescovo, Lawrence Chai della Libera Chiesa Apostolica del Kenya e Sheikh Ali Hussein della Moschea Answar Sunna - sono tra i primi pirlotti ad uscire da spelonche e caverne e menare la clava.
Il paese non è nuovo a simili cacce all'untore, che se questo marcio arriva a galla ora, quel di trovare capri espiatori, alibi per giustificare proprie impotenze e incapacità, è sport nazionale, che si è giocato e si gioca su più campi: Angola, Tanzania, Uganda, Camerun, Zimbabwe, Sierra Leone, Liberia e chi più ne ha ne metta, senza per questo dar loro esclusiva, che se si gratta la crosta, altri sicuramente sarebbero in lista, su tutto il globo terracqueo.
Sino a ieri eravamo alla caccia alla strega, una delle tante figure atte, al posto del tempo, da ammazzare quando prende la noia di vivere.
Sparpagliata a farina, ma in Africa, la credenza nella stregoneria è forte, comune e diffusa.
Le persone accusate sono torturate, perseguitate e uccise come mosche;
bastonate e mazzolate da bande, folle, pastori, genitori e familiari, in nome dell'esorcismo o per ottenere confessioni, sono vittime della giustizia della giungla, accoppate nell'indifferenza e fuori di ogni legge o, nel migliore dei casi, costrette all'esilio forzato e alla scomparsa.
Conferma che a sfiga segue sfiga, i più colpiti sono i soliti noti: poveri, anziani, donne, bambini e persone con disabilità.
Ovviamente, tutto per il loro bene, cancellandone il corpo per salvarne l'anima, magari dopo aver fatto ingollare loro i più astrusi intrugli - ritenuti magici - per purificarli dalla possessione demoniaca.
In più parti del continente nero, migliaia di bambini - presunti streghe e maghi - sono stati cacciati dalle loro case e costretti a vagare per le strade, abbandonati, picchiati, tagliati con coltelli, bagnati con acido o linciati da parte dei genitori, familiari e membri della comunità.
Non è raro che si creino gruppi spontanei di "vigilanti", che si sentono investiti di un compito essenziale, come per i "Sungusungu" del Kenya, che alcuni anni fa fecero a pezzi e bruciarono delle donne nell'azione denominata "Okoa Maisha", operazione salva una vita, considerandosi protettori del popolo e non omicidi.
"Deus vult!", Dio lo vuole: altri Pietro l'Eremita sono a promuovere le nuove Crociate dei Pezzenti.
Il brutto è che tanti sono a credere che la stregoneria sia largamente praticata e le persone uccise abbiano meritato il loro destino e addirittura che le streghe sono capaci di assumere sembianze umane, animali o insetti, secondo le varie credenze.
In Senegal è il gufo ad incarnare l'immagine del diavolo mentre in alcune comunità del Benin settentrionale è diffusa la credenza che, se un bambino non nasce venendo fuori prima con la testa e con la faccia all'insù, è stregone o un mago e deve essere ucciso.
La questione è affidata a un faccendiere che lega una corda attorno al piede del neonato e lo sbatte contro il tronco di un albero, lo annega o lo avvelena o lo affetta con il machete, secondo immaginazione e inventiva.
Siamo stati forgiati nel crogiolo delle stelle, ma per tanti è bastato il letame di stalla.
Io, secondo me...23.02.2010
lunedì 22 febbraio 2010
venerdì 19 febbraio 2010
All'inizio furono i giganti...
- «Pace e bene a tutti!»
I più penseranno che no, non è possibile che quel gran carognone del Beppe Fontana, sempre pronto a borbottare e cannoneggiare e dolce come una raspa, inizi qualcosa portando ramoscello d'ulivo, piuttosto che piatta spinosa di pianta grassa.
"Non sta bene...non è da lui...qui gatta ci cova...uno stronzo non può cambiare odore...dalla caverna non può uscire signore", saranno i commenti più misurati.
Ebbene, è vero: non è farina del mio sacco.
Così iniziava e terminava il suo predicare quel sant'uomo, il buon frate cappuccino, uno degli uomini che ho amato di più nella mia vita: Padre Mariano.
Allora ero alto un soldo di cacio, come si usava dire di moneta di valore così basso, povera e misera, come la crosta di formaggio che con quella ci si poteva permettere di comprare e mettere sotto i denti;
eppure quell'uomo mi è entrato nel cuore, prima che nella memoria.
Dall'orecchio, tra la fine corsa del bel barbone arruffato e l'attaccatura alta del tappeto capelluto gira attorno al collo la tonsura, ad anticipare la chierica poco sopra; i pochi peli sembravano come la cintura del fossato attorno alle mura di un castello.
Gli occhiali da miope non nascondevano ma, anzi, accentuavano uno sguardo dolcissimo, mite, carezzevole, da buono che, sì, veramente poteva chiamarsi lo specchio dell'anima;
i baffi sottolineavano un sorriso leggero come le ali di una farfalla e il barbone fluente, nerofumo ai lati e sfumato di grigi al centro, somigliava alle acque di un ruscello, più limpide al centro e leggermente più ombreggiate ai fianchi.
La voce poi. La voce era di un incantatore. Ammaliava, stregava addirittura.
"Beppe c'ha un cuore...emozioni...lì, lì per avere la lacrimuccia", qualcuno partirà a dire, a sto punto del cazzeggio mio;
si, lo ammetto: ci fu un momento che attraversai attimi di umanità, prima di approdare a quel che sono oggi.
Anche io fui umano, prima che la lima da mazzo mi sgrossasse la pelle e trasformasse il liscio in crosta.
Padre Mariano fu il primo a predicare dagli schermi della televisione, quella pionieristica, ancora al primo candore, degli anni '50 e '60 quando un pistolino com'ero io seguiva quel raccontare, come il serpente il muoversi altalenante dell'incantatore.
No, non era come quelli d'oggi, che te li vedi abbracciare la telecamera con perfetta padronanza e blaterare con catechismo muffo, slegato dal reale per essere racconto astratto, mai o poco aderente a quel quotidiano che ben conosci e su cui vorresti calibrata la lezione del maestro di toga, più e troppo ormai attento al trucco e alla cosmesi, attento a meglio apparire che più far sostanza.
Cipria e mascara contornano i nuovi volti, e la bontà arriva più ad essere arte da palcoscenico, simulazione per recita e copione, belletto da catodo, piuttosto che ciambella di salvataggio in un mare dove sono i pescecani a dettare la legge del chi deve vivere e chi morire.
Giri nelle parrocchie e ti accorgi quanto sono distanti tanti sacerdoti, quanto il loro repertorio sia pari allo stucco per tappare buchi.
No, non è questione di dialettica o di forma: manca l'anima.
Pace e bene a tutti...e a te, sant'uomo - Padre Mariano da Torino, al secolo Paolo Roasenda - che mai più mi sono trovato a chiamare "Padre" un altro che non fosse il mio, per carne e sangue.
Non c'è più la posta di Padre Mariano, ma l'indirizzo è sempre quello:
"Padre Mariano, c/o Dio, Paradiso".
E un altro ebbi fortuna di conoscere, sempre soldo di cacio alla presenza di giganti: il rimpianto maestro Manzi.
Oggi, quando tutti letterati e insegnati di tuttologia, nessuno più lo ricorda, il caro signor Alberto, tranne i pochi nonni e qualche padre, in debito con lui, per aver imparato a leggere, scrivere e tirare di conto.
La nazione, allora, usciva da una guerra crudele e cruenta, una ricostruzione agli albori e tanta, tanta miseria, di pane, companatico ma anche analfabetismo, che prima dell'industria fu la campagna, e li, case e cascine erano a riempire mari d'erba, che tenevano distanti realtà umane che erano sparse come isole;
la durezza della vita e del dover campare, spesso sopravvivere, poco aiutava o lasciava spazio e tempi per la scuola e, chi uscì per selezione naturale, si trovò poi a doversi misurare con un mondo trasformato, dove il non capire ancora castigava e cancellava il meno adatto.
La ricostruzione smosse dalla campagna per riempire città e fabbriche e dalla vanga si passò al tornio, e il leggere libretto d'istruzioni, per l'uso del nuovo esistere, era ormai vitale.
Insegnare non era più solo passaggio orale di conoscenze, ma scritto di sapere.
La televisione giocò il meglio di sè, mezzo allora gigante tra giganti.
E fu il tempo del maestro Manzi;
altra faccia e animo da buono, che carezzò il duro sbarcar lunario di tante grame vite.
Mi ricordo ancora quel viso, quel ritmo e flautare di voce;
il semplice tabellone con i fogli che frusciavano al passaggio, il rumore del tratto, il segno e il disegno: l'occhio, prima dell'orecchio, guidava a capire cosa significassero quei segni strani, su cartelli, cartelloni e insegne, fogli e giornali, ai più forme sconosciute di un linguaggio distante, quasi da soggezione sacerdotale, per iniziati.
A...B...C... di ape, di bue, di cane...un mattoncino sull'altro, e l'Italia tutta si trovò capace d'intendere e volere.
0, 1, 2, 3...10...dalle stalle alle stelle, dal nulla al tutto, dal minimo al massimo.
Solo per far conto da mercato, chiunque era a conoscere la scala di valori, dal peggio al migliore, con tutte le tonalità dei grigi intermedi.
Povero Manzi, che fece in tempo a lambire il tempo degli scimuniti; lui, che magari li aveva cavati dal buio delle caverne, donando quel fuoco che poi scoppiettò sotto la graticola su cui lo misero.
Come per un campo di grano, fu l'invasione delle cavallette, quelle della peggior specie, figlie della madre sempre incinta degli imbecilli, quelli che poi vollero il "Sei politico" per tutti, a pareggiare l'asino con il sapiente.
Questa nuova peste, queste erbe infestanti, questa carie tumorale, prese piede ed intaccò lo smalto d'ogni cosa, parassitando l'intero corpo di una società, forse con qualche acciacco ma non malata, devastando tutto, dalla famiglia alla scuola, adeguando sulla forma e non per sostanza.
Volevano pareggiare il mondo spianando le montagne, piuttosto che innalzando la gibbosità.
Si faceva prima a portare l'ingegnere a tirare il carro, piuttosto che il contadino a progettare grattacieli, che di caverne ce n'èra per tutti.
- «I voti distruggono la personalità del fanciullo!», gridarono i nuovi Savonarola.
Basta numeri: solo giudizi!
Il buon Manzi non capì: rifiutò e fu sospeso.
Non riteneva un maestro elementare all'altezza di tracciare un profilo psicologico.
Agli albori del fenomeno, non capì che i nuovi cavernicoli non pretendevano tanto: bastava solo restare sul vago e dare zuccherini a tutti.
"Non del tutto sufficiente" al posto di "insufficiente", "assai vivace" al posto di "indisciplinato", "assorto in pensieri extrascolastici" invece che "distratto".
Insomma, il classico e ipocrita "Il ragazzo è intelligente ma deve ancora consolidare le proprie conoscenze ed abilità".
Passata sta scemata, se ne partorì altra: le lettere, al posto di voti e giudizio.
A: un genio;
B: qualche aggiustamento e sarà "nu' babbà";
C: così, così, con qualche lacuna;
D: da rottamare.
Pareva la classifica delle classi per gli elettrodomestici, dal più efficiente allo scarso assoluto.
- «Contrordine compagni!»
Eccoci tornati a...dare i numeri.
Ma il buon Manzi non c'è più, a gustarsi "la disfatta dei cornuti", che lo umiliarono, per quanto erano solo delle mezze cartucce.
Oggi si allunga la vita, ma giù la statura, al primeggiare di ladri, nani e puttane.
All'inizio furono i giganti...all'inizio, ma noi siamo ai titoli di coda.
Io, secondo me...19.02.2010
I più penseranno che no, non è possibile che quel gran carognone del Beppe Fontana, sempre pronto a borbottare e cannoneggiare e dolce come una raspa, inizi qualcosa portando ramoscello d'ulivo, piuttosto che piatta spinosa di pianta grassa.
"Non sta bene...non è da lui...qui gatta ci cova...uno stronzo non può cambiare odore...dalla caverna non può uscire signore", saranno i commenti più misurati.
Ebbene, è vero: non è farina del mio sacco.
Così iniziava e terminava il suo predicare quel sant'uomo, il buon frate cappuccino, uno degli uomini che ho amato di più nella mia vita: Padre Mariano.
Allora ero alto un soldo di cacio, come si usava dire di moneta di valore così basso, povera e misera, come la crosta di formaggio che con quella ci si poteva permettere di comprare e mettere sotto i denti;
eppure quell'uomo mi è entrato nel cuore, prima che nella memoria.
Dall'orecchio, tra la fine corsa del bel barbone arruffato e l'attaccatura alta del tappeto capelluto gira attorno al collo la tonsura, ad anticipare la chierica poco sopra; i pochi peli sembravano come la cintura del fossato attorno alle mura di un castello.
Gli occhiali da miope non nascondevano ma, anzi, accentuavano uno sguardo dolcissimo, mite, carezzevole, da buono che, sì, veramente poteva chiamarsi lo specchio dell'anima;
i baffi sottolineavano un sorriso leggero come le ali di una farfalla e il barbone fluente, nerofumo ai lati e sfumato di grigi al centro, somigliava alle acque di un ruscello, più limpide al centro e leggermente più ombreggiate ai fianchi.
La voce poi. La voce era di un incantatore. Ammaliava, stregava addirittura.
"Beppe c'ha un cuore...emozioni...lì, lì per avere la lacrimuccia", qualcuno partirà a dire, a sto punto del cazzeggio mio;
si, lo ammetto: ci fu un momento che attraversai attimi di umanità, prima di approdare a quel che sono oggi.
Anche io fui umano, prima che la lima da mazzo mi sgrossasse la pelle e trasformasse il liscio in crosta.
Padre Mariano fu il primo a predicare dagli schermi della televisione, quella pionieristica, ancora al primo candore, degli anni '50 e '60 quando un pistolino com'ero io seguiva quel raccontare, come il serpente il muoversi altalenante dell'incantatore.
No, non era come quelli d'oggi, che te li vedi abbracciare la telecamera con perfetta padronanza e blaterare con catechismo muffo, slegato dal reale per essere racconto astratto, mai o poco aderente a quel quotidiano che ben conosci e su cui vorresti calibrata la lezione del maestro di toga, più e troppo ormai attento al trucco e alla cosmesi, attento a meglio apparire che più far sostanza.
Cipria e mascara contornano i nuovi volti, e la bontà arriva più ad essere arte da palcoscenico, simulazione per recita e copione, belletto da catodo, piuttosto che ciambella di salvataggio in un mare dove sono i pescecani a dettare la legge del chi deve vivere e chi morire.
Giri nelle parrocchie e ti accorgi quanto sono distanti tanti sacerdoti, quanto il loro repertorio sia pari allo stucco per tappare buchi.
No, non è questione di dialettica o di forma: manca l'anima.
Pace e bene a tutti...e a te, sant'uomo - Padre Mariano da Torino, al secolo Paolo Roasenda - che mai più mi sono trovato a chiamare "Padre" un altro che non fosse il mio, per carne e sangue.
Non c'è più la posta di Padre Mariano, ma l'indirizzo è sempre quello:
"Padre Mariano, c/o Dio, Paradiso".
E un altro ebbi fortuna di conoscere, sempre soldo di cacio alla presenza di giganti: il rimpianto maestro Manzi.
Oggi, quando tutti letterati e insegnati di tuttologia, nessuno più lo ricorda, il caro signor Alberto, tranne i pochi nonni e qualche padre, in debito con lui, per aver imparato a leggere, scrivere e tirare di conto.
La nazione, allora, usciva da una guerra crudele e cruenta, una ricostruzione agli albori e tanta, tanta miseria, di pane, companatico ma anche analfabetismo, che prima dell'industria fu la campagna, e li, case e cascine erano a riempire mari d'erba, che tenevano distanti realtà umane che erano sparse come isole;
la durezza della vita e del dover campare, spesso sopravvivere, poco aiutava o lasciava spazio e tempi per la scuola e, chi uscì per selezione naturale, si trovò poi a doversi misurare con un mondo trasformato, dove il non capire ancora castigava e cancellava il meno adatto.
La ricostruzione smosse dalla campagna per riempire città e fabbriche e dalla vanga si passò al tornio, e il leggere libretto d'istruzioni, per l'uso del nuovo esistere, era ormai vitale.
Insegnare non era più solo passaggio orale di conoscenze, ma scritto di sapere.
La televisione giocò il meglio di sè, mezzo allora gigante tra giganti.
E fu il tempo del maestro Manzi;
altra faccia e animo da buono, che carezzò il duro sbarcar lunario di tante grame vite.
Mi ricordo ancora quel viso, quel ritmo e flautare di voce;
il semplice tabellone con i fogli che frusciavano al passaggio, il rumore del tratto, il segno e il disegno: l'occhio, prima dell'orecchio, guidava a capire cosa significassero quei segni strani, su cartelli, cartelloni e insegne, fogli e giornali, ai più forme sconosciute di un linguaggio distante, quasi da soggezione sacerdotale, per iniziati.
A...B...C... di ape, di bue, di cane...un mattoncino sull'altro, e l'Italia tutta si trovò capace d'intendere e volere.
0, 1, 2, 3...10...dalle stalle alle stelle, dal nulla al tutto, dal minimo al massimo.
Solo per far conto da mercato, chiunque era a conoscere la scala di valori, dal peggio al migliore, con tutte le tonalità dei grigi intermedi.
Povero Manzi, che fece in tempo a lambire il tempo degli scimuniti; lui, che magari li aveva cavati dal buio delle caverne, donando quel fuoco che poi scoppiettò sotto la graticola su cui lo misero.
Come per un campo di grano, fu l'invasione delle cavallette, quelle della peggior specie, figlie della madre sempre incinta degli imbecilli, quelli che poi vollero il "Sei politico" per tutti, a pareggiare l'asino con il sapiente.
Questa nuova peste, queste erbe infestanti, questa carie tumorale, prese piede ed intaccò lo smalto d'ogni cosa, parassitando l'intero corpo di una società, forse con qualche acciacco ma non malata, devastando tutto, dalla famiglia alla scuola, adeguando sulla forma e non per sostanza.
Volevano pareggiare il mondo spianando le montagne, piuttosto che innalzando la gibbosità.
Si faceva prima a portare l'ingegnere a tirare il carro, piuttosto che il contadino a progettare grattacieli, che di caverne ce n'èra per tutti.
- «I voti distruggono la personalità del fanciullo!», gridarono i nuovi Savonarola.
Basta numeri: solo giudizi!
Il buon Manzi non capì: rifiutò e fu sospeso.
Non riteneva un maestro elementare all'altezza di tracciare un profilo psicologico.
Agli albori del fenomeno, non capì che i nuovi cavernicoli non pretendevano tanto: bastava solo restare sul vago e dare zuccherini a tutti.
"Non del tutto sufficiente" al posto di "insufficiente", "assai vivace" al posto di "indisciplinato", "assorto in pensieri extrascolastici" invece che "distratto".
Insomma, il classico e ipocrita "Il ragazzo è intelligente ma deve ancora consolidare le proprie conoscenze ed abilità".
Passata sta scemata, se ne partorì altra: le lettere, al posto di voti e giudizio.
A: un genio;
B: qualche aggiustamento e sarà "nu' babbà";
C: così, così, con qualche lacuna;
D: da rottamare.
Pareva la classifica delle classi per gli elettrodomestici, dal più efficiente allo scarso assoluto.
- «Contrordine compagni!»
Eccoci tornati a...dare i numeri.
Ma il buon Manzi non c'è più, a gustarsi "la disfatta dei cornuti", che lo umiliarono, per quanto erano solo delle mezze cartucce.
Oggi si allunga la vita, ma giù la statura, al primeggiare di ladri, nani e puttane.
All'inizio furono i giganti...all'inizio, ma noi siamo ai titoli di coda.
Io, secondo me...19.02.2010
giovedì 18 febbraio 2010
mercoledì 17 febbraio 2010
Gomma arabica
Quando la scorza salta, ci mette benda usando quella: la gomma arabica.
Ogni pianta cura così se stessa, dalle offese arrecate alla corteccia, quando una qualche cosa ferisce e scalfisce la sua pellicola: dopo alcune settimane di paziente medicazione, il taglio si rimargina.
Ebbene, anche a noi viene bene l'uso della gomma, ed arabica è detta per la disinfestazione di quelli che, più che ferire, mirano ad uccidere.
Ad evitare incendi, anche il sottobosco va pulito della sterpaglia, dai rami secchi che sono solo buoni da buttare nella stufa e nei camini, dove il disfarsene porta solo benessere e calore, che è meglio avere carne calda che corpo stecco e freddo.
Si fa tanto parlare di guerra sporca, fuori dai vecchi schemi, "asimmetrica", a voler significare un metodo non convenzionale, conosciuto, accettato e riconosciuto di menare le mani.
Te ci metti le bombe intelligenti e le armi più sofisticate;
io, "bingo-bongo", mi arrangio con quel che ho: una bella cintura al tritolo o un bel quattroruote carico d'esplosivo e bum! che ti spiaccico tanta carnazza;
meglio ancora dove si trova ciccia abbondante: nei mercati, al cinema, al ristorante, negli alberghi o sui mezzi di trasporto.
Noi, qui in Brianza, diciamo: a chi tuca taca, a chi tocca tocca.
Tradotto, per "Urbi et Orbi", alla città e al mondo: ndo cojo cojo, a casaccio, basta fare punti.
E così sia, che da parte nostra si vedrà di applicare la saggezza del "fare di necessità virtù", che è inutile offrire perle ai porci.
Nell'attesa di tempi migliori e di menti più ragionevoli, la sopravvivenza detta legge e l'imperativo è: chi picchia per primo picchia due volte!
Se devo lottare nella merda, inutile è che ci si metta i guanti di velluto e si faccia a pugni usando le regole del marchese di Queensbury, quando l'avversario colpisce d'abitudine sotto la cintura.
La Democrazia è una gran bella cosa, ma non deve essere manetta che imprigiona, mentre il sadico violenta.
In natura, si chiama "adattamento all'ambiente", ed è la risposta di una vita che vuole perpetuarsi, dove altrimenti sarebbe una fredda selezione naturale a tenere l'uno e cancellare l'altro.
Chi vuol essere pasto per i leoni, faccia; gli altri, provino almeno a spararci, alla bestia.
Come al Mahmoud al Mabhuh.
L'hanno segato a Dubai, il terrorista di Hamas, responsabile di diversi omicidi di israeliani.
Stavolta l'hanno curato, seguito, marcato a zona e uomo, eppoi - zac! - passato a scolorina e spedito a dormire tra quattro assi;
è stato il Mossad, potente servizio segreto dello stato di Israele?
Non è stato il Mossad, ma il frutto di panni sporchi, lavati in famiglia?
Fa niente: una piattola in meno.
Mahmoud al Mabhuh ha giocato con le sue regole - cioè nessuna - e secondo quelle l'hanno pagato.
Punto e basta.
Qui da noi, dove gli strateghi da tavolino e i Napoleone da salotto abbondano, la guerra è quella del Risiko, dove persa una partita se ne può iniziare un'altra.
Su altri scacchieri, chi perde ci lascia la cotica.
Delle regole del Risiko ci si sciacquano le pudende.
- «Catturato il mullah Baradar...a Karachi hanno tritato il Hakimullah Mehsud, capo dei talebani pachistani? Ma si, tanto lì la guerra non la si vince.»
I nostri illuminati hanno già riempito il pannolone, proni e pronti per ricevere la peretta con il lassativo.
Come un elefante che, davanti al topolino, si dice: «Contro questo non ce la fò: mi arrendo.»
La rassegnazione è la peggior forma di umiliazione e di sconfitta, perché perdi anche quando hai tutto per uscirne vincitore.
Il terrorismo è globale;
la risposta deve esserlo altrettanto, senza confini, che il nemico non deve sentirsi al sicuro neppure sulla tazza del cesso.
Leggo: "Il generale McChrystal rispolvera il 'playbook', lo spartito usato in Iraq e comandava un'unità speciale per le operazioni clandestine, che dava la caccia ai capi più pericolosi dei terroristi. I suoi uomini inseguivano e catturavano - più spesso uccidevano - i leader di al Qaida, senza badare troppo al resto della guerra tutt'attorno [...] martellando duro per fare a pezzi la leadership dei guerriglieri [...] capi locali sono stati eliminati in singole azioni nei loro nascondigli".
Le regole del Risiko sono cambiate, cancellate dalla gomma...arabica.
Io, secondo me...17.02.2010
Ogni pianta cura così se stessa, dalle offese arrecate alla corteccia, quando una qualche cosa ferisce e scalfisce la sua pellicola: dopo alcune settimane di paziente medicazione, il taglio si rimargina.
Ebbene, anche a noi viene bene l'uso della gomma, ed arabica è detta per la disinfestazione di quelli che, più che ferire, mirano ad uccidere.
Ad evitare incendi, anche il sottobosco va pulito della sterpaglia, dai rami secchi che sono solo buoni da buttare nella stufa e nei camini, dove il disfarsene porta solo benessere e calore, che è meglio avere carne calda che corpo stecco e freddo.
Si fa tanto parlare di guerra sporca, fuori dai vecchi schemi, "asimmetrica", a voler significare un metodo non convenzionale, conosciuto, accettato e riconosciuto di menare le mani.
Te ci metti le bombe intelligenti e le armi più sofisticate;
io, "bingo-bongo", mi arrangio con quel che ho: una bella cintura al tritolo o un bel quattroruote carico d'esplosivo e bum! che ti spiaccico tanta carnazza;
meglio ancora dove si trova ciccia abbondante: nei mercati, al cinema, al ristorante, negli alberghi o sui mezzi di trasporto.
Noi, qui in Brianza, diciamo: a chi tuca taca, a chi tocca tocca.
Tradotto, per "Urbi et Orbi", alla città e al mondo: ndo cojo cojo, a casaccio, basta fare punti.
E così sia, che da parte nostra si vedrà di applicare la saggezza del "fare di necessità virtù", che è inutile offrire perle ai porci.
Nell'attesa di tempi migliori e di menti più ragionevoli, la sopravvivenza detta legge e l'imperativo è: chi picchia per primo picchia due volte!
Se devo lottare nella merda, inutile è che ci si metta i guanti di velluto e si faccia a pugni usando le regole del marchese di Queensbury, quando l'avversario colpisce d'abitudine sotto la cintura.
La Democrazia è una gran bella cosa, ma non deve essere manetta che imprigiona, mentre il sadico violenta.
In natura, si chiama "adattamento all'ambiente", ed è la risposta di una vita che vuole perpetuarsi, dove altrimenti sarebbe una fredda selezione naturale a tenere l'uno e cancellare l'altro.
Chi vuol essere pasto per i leoni, faccia; gli altri, provino almeno a spararci, alla bestia.
Come al Mahmoud al Mabhuh.
L'hanno segato a Dubai, il terrorista di Hamas, responsabile di diversi omicidi di israeliani.
Stavolta l'hanno curato, seguito, marcato a zona e uomo, eppoi - zac! - passato a scolorina e spedito a dormire tra quattro assi;
è stato il Mossad, potente servizio segreto dello stato di Israele?
Non è stato il Mossad, ma il frutto di panni sporchi, lavati in famiglia?
Fa niente: una piattola in meno.
Mahmoud al Mabhuh ha giocato con le sue regole - cioè nessuna - e secondo quelle l'hanno pagato.
Punto e basta.
Qui da noi, dove gli strateghi da tavolino e i Napoleone da salotto abbondano, la guerra è quella del Risiko, dove persa una partita se ne può iniziare un'altra.
Su altri scacchieri, chi perde ci lascia la cotica.
Delle regole del Risiko ci si sciacquano le pudende.
- «Catturato il mullah Baradar...a Karachi hanno tritato il Hakimullah Mehsud, capo dei talebani pachistani? Ma si, tanto lì la guerra non la si vince.»
I nostri illuminati hanno già riempito il pannolone, proni e pronti per ricevere la peretta con il lassativo.
Come un elefante che, davanti al topolino, si dice: «Contro questo non ce la fò: mi arrendo.»
La rassegnazione è la peggior forma di umiliazione e di sconfitta, perché perdi anche quando hai tutto per uscirne vincitore.
Il terrorismo è globale;
la risposta deve esserlo altrettanto, senza confini, che il nemico non deve sentirsi al sicuro neppure sulla tazza del cesso.
Leggo: "Il generale McChrystal rispolvera il 'playbook', lo spartito usato in Iraq e comandava un'unità speciale per le operazioni clandestine, che dava la caccia ai capi più pericolosi dei terroristi. I suoi uomini inseguivano e catturavano - più spesso uccidevano - i leader di al Qaida, senza badare troppo al resto della guerra tutt'attorno [...] martellando duro per fare a pezzi la leadership dei guerriglieri [...] capi locali sono stati eliminati in singole azioni nei loro nascondigli".
Le regole del Risiko sono cambiate, cancellate dalla gomma...arabica.
Io, secondo me...17.02.2010
martedì 16 febbraio 2010
lunedì 15 febbraio 2010
Mirkorrotto
Massacratelo.
Non merita altro, lui come i simili, che hanno fortuna di lavoro e posizione, ma pure l'ingordigia di avere sempre più, finanche il superfluo.
Nei lunghi giri nella metropoli meneghina mi capita spesso d'incappare in angoli d'umana disperazione:
i più fortunati in una roulotte sgangherata, altri in tende rabberciate alla bene meglio, consumate per il lungo stare esposte all'insulto del tempo, schiaffeggiate da vento e pioggia, ricoperte di brina e gelo e cotte al sole;
Sotto questi sudari agonizza un'umanità che fino a ieri aveva dignità: il lavoro.
Sino a ieri poteva mostrare ai propri figli i calli sulle mani e le rughe della fatica, la faccia nobile di genitori amorevoli che anticipavano e costruivano il futuro per i propri figli, orgogliosi di sentirsi utili e partecipi, a giusto titolo, di una società laboriosa.
Da un giorno all'altro - e nessuno se ne può dire fuori, con i tempi che corrono - la doccia fredda, l'erba tagliata da sotto i piedi, l'incubo di non avere più nulla, nella disperazione e nella miseria più nera: la ditta chiude o se ne va altrove, dove meno ha da dare e più da guadagnare.
Quel che appena poco prima era normalità diventa un lusso: la pizza da condividere con la famiglia riunita, la passeggiata del fine settimana, le scarpe o l'abito nuovo, la cartella per la scuola o la retta della mensa, così come un profumo fino al caffè al bar o il giornale;
tutto scompare, sfuma, in un attimo: la vita diventa fragile, come un bicchiere di cristallo che va in frantumi.
Ti guardi attorno, osservi gli altri che, come te, si dibattono magari in acque simili, ma l'un l'altro è a nascondere il tutto sotto un velo di dignitosa povertà, velata di senso d'impotenza, di vergogna, come se non fossi una vittima ma colpevole di quanto accaduto.
Come fare a spiegare ai propri figli che non possono più avere nuove scarpe o magliette firmate, andare in vacanza o mangiare carne tutti i giorni;
peggio ancora quando, in aggiunta, devi rivolgerti alla mensa dei frati o a gruppi assistenziali, fino a dover passare dopo che le bancarelle del mercato sfollano, lasciando indietro la frutta e la verdura che ha qualche tocco e nessuno vuole - i fortunati - perché la mela deve essere bella lucida e la ciliegia grossa come un limone.
Ne ho visti di persona, di questi poveri cristi: una volta erano anziani e pensionati, che non potevano permettersi di più, con la misera pensione;
i più di loro però avevano imparato, con il tempo, ad arrangiarsi, ad organizzarsi, a gestire il poco, forti dall'essere stati temprati in tempi di guerra, dove questo era la normalità.
Non i loro figli, ora alla mezza via, cinquanta o sessantenni, prossimi alla pensione ma nel limbo di passaggio, dove la sponda si è allontanata come la barca, trovandoli con un piede da una parte e l'altro all'opposto.
Mi si stringe il cuore, quando li vedo, quando conosco la loro pena e soffro nel vederli mortificati, nel tentativo sempre più faticoso di non mostrare i buchi nelle scarpe o i fili lisi di un capo troppo indossato ma che non può essere rimpiazzato.
Per questo perdo ogni forma di pietà e voglio vedere il sangue, verso quei graziati dalla malasorte che, non paghi di tanta provvidenza, buttano al vento tanta ricchezza per voler aggiungere abbondanza ad un bene stare.
Massacratelo.
Massacrate Mirko Pennisi, presidente della commissione urbanistica del Comune di Milano;
Massacrate quelli come lui, dovunque siano, per qualunque parte, orientamento e tessera possano vantare.
Lo dobbiamo agli sfortunati, ai reietti, ai nuovi poveri, a quelli che cadono in depressione perché hanno perso tutto e magari sono o saranno a mettere fine ai propri giorni, sotto il peso di un destino che è come la ruota di una macina.
L'hanno beccato, il Mirko, a prendersi una mazzetta, un gruzzoletto in nero, per aggiungere bambagia ad un nido già confortevole, ad aggiungere superfluo ad un piatto già grasso.
Grazie alla razza sua, c'è un cantiere fermo da quattro anni, un imprenditore che è come se pagasse il pizzo ad un mafioso - che cambia solo l'etichetta, ma eguale sostanza - e costi spalmati sulla comunità, perché alla fine è sull'ultima ruota del carro che ricade il peso di quanto ci grava sopra.
La penisola intera è piena di opere ferme, rallentate o finite ed inutilizzate, lasciate marcire perché tanti "Mirkorrotti" siano ad ingrassare: ogni piccolo pirlotto d'amministrazione comunale ha in mano la leva del freno, la forza d'inceppare meccanismi ben più grandi di loro, se solo non lubrificati a dovere, con sugo di quattrini.
Ebbene, olio sia: quello di frittura della giustizia, dove questi delinquenti siano a sfrigolare e bruciacchiare.
Dietro ognuno dei tanti disperati che vediamo davanti ai cancelli delle fabbriche o sui tetti, all'addiaccio, ci sono piccoli Mirko Pennisi, i Mirkorrotti: l'abbrutimento di padri e giovani, senza più ormai arte ne parte, è prodotto di queste gramigne, erbe infestanti che tolgono respiro e spazio al buon raccolto.
Massacratelo...massacrateli: colpirne uno per educarne mille.
Pietà l'è morta.
Io, secondo me...15.02.2010
Non merita altro, lui come i simili, che hanno fortuna di lavoro e posizione, ma pure l'ingordigia di avere sempre più, finanche il superfluo.
Nei lunghi giri nella metropoli meneghina mi capita spesso d'incappare in angoli d'umana disperazione:
i più fortunati in una roulotte sgangherata, altri in tende rabberciate alla bene meglio, consumate per il lungo stare esposte all'insulto del tempo, schiaffeggiate da vento e pioggia, ricoperte di brina e gelo e cotte al sole;
Sotto questi sudari agonizza un'umanità che fino a ieri aveva dignità: il lavoro.
Sino a ieri poteva mostrare ai propri figli i calli sulle mani e le rughe della fatica, la faccia nobile di genitori amorevoli che anticipavano e costruivano il futuro per i propri figli, orgogliosi di sentirsi utili e partecipi, a giusto titolo, di una società laboriosa.
Da un giorno all'altro - e nessuno se ne può dire fuori, con i tempi che corrono - la doccia fredda, l'erba tagliata da sotto i piedi, l'incubo di non avere più nulla, nella disperazione e nella miseria più nera: la ditta chiude o se ne va altrove, dove meno ha da dare e più da guadagnare.
Quel che appena poco prima era normalità diventa un lusso: la pizza da condividere con la famiglia riunita, la passeggiata del fine settimana, le scarpe o l'abito nuovo, la cartella per la scuola o la retta della mensa, così come un profumo fino al caffè al bar o il giornale;
tutto scompare, sfuma, in un attimo: la vita diventa fragile, come un bicchiere di cristallo che va in frantumi.
Ti guardi attorno, osservi gli altri che, come te, si dibattono magari in acque simili, ma l'un l'altro è a nascondere il tutto sotto un velo di dignitosa povertà, velata di senso d'impotenza, di vergogna, come se non fossi una vittima ma colpevole di quanto accaduto.
Come fare a spiegare ai propri figli che non possono più avere nuove scarpe o magliette firmate, andare in vacanza o mangiare carne tutti i giorni;
peggio ancora quando, in aggiunta, devi rivolgerti alla mensa dei frati o a gruppi assistenziali, fino a dover passare dopo che le bancarelle del mercato sfollano, lasciando indietro la frutta e la verdura che ha qualche tocco e nessuno vuole - i fortunati - perché la mela deve essere bella lucida e la ciliegia grossa come un limone.
Ne ho visti di persona, di questi poveri cristi: una volta erano anziani e pensionati, che non potevano permettersi di più, con la misera pensione;
i più di loro però avevano imparato, con il tempo, ad arrangiarsi, ad organizzarsi, a gestire il poco, forti dall'essere stati temprati in tempi di guerra, dove questo era la normalità.
Non i loro figli, ora alla mezza via, cinquanta o sessantenni, prossimi alla pensione ma nel limbo di passaggio, dove la sponda si è allontanata come la barca, trovandoli con un piede da una parte e l'altro all'opposto.
Mi si stringe il cuore, quando li vedo, quando conosco la loro pena e soffro nel vederli mortificati, nel tentativo sempre più faticoso di non mostrare i buchi nelle scarpe o i fili lisi di un capo troppo indossato ma che non può essere rimpiazzato.
Per questo perdo ogni forma di pietà e voglio vedere il sangue, verso quei graziati dalla malasorte che, non paghi di tanta provvidenza, buttano al vento tanta ricchezza per voler aggiungere abbondanza ad un bene stare.
Massacratelo.
Massacrate Mirko Pennisi, presidente della commissione urbanistica del Comune di Milano;
Massacrate quelli come lui, dovunque siano, per qualunque parte, orientamento e tessera possano vantare.
Lo dobbiamo agli sfortunati, ai reietti, ai nuovi poveri, a quelli che cadono in depressione perché hanno perso tutto e magari sono o saranno a mettere fine ai propri giorni, sotto il peso di un destino che è come la ruota di una macina.
L'hanno beccato, il Mirko, a prendersi una mazzetta, un gruzzoletto in nero, per aggiungere bambagia ad un nido già confortevole, ad aggiungere superfluo ad un piatto già grasso.
Grazie alla razza sua, c'è un cantiere fermo da quattro anni, un imprenditore che è come se pagasse il pizzo ad un mafioso - che cambia solo l'etichetta, ma eguale sostanza - e costi spalmati sulla comunità, perché alla fine è sull'ultima ruota del carro che ricade il peso di quanto ci grava sopra.
La penisola intera è piena di opere ferme, rallentate o finite ed inutilizzate, lasciate marcire perché tanti "Mirkorrotti" siano ad ingrassare: ogni piccolo pirlotto d'amministrazione comunale ha in mano la leva del freno, la forza d'inceppare meccanismi ben più grandi di loro, se solo non lubrificati a dovere, con sugo di quattrini.
Ebbene, olio sia: quello di frittura della giustizia, dove questi delinquenti siano a sfrigolare e bruciacchiare.
Dietro ognuno dei tanti disperati che vediamo davanti ai cancelli delle fabbriche o sui tetti, all'addiaccio, ci sono piccoli Mirko Pennisi, i Mirkorrotti: l'abbrutimento di padri e giovani, senza più ormai arte ne parte, è prodotto di queste gramigne, erbe infestanti che tolgono respiro e spazio al buon raccolto.
Massacratelo...massacrateli: colpirne uno per educarne mille.
Pietà l'è morta.
Io, secondo me...15.02.2010
giovedì 11 febbraio 2010
Zum zum zum
Era il lontano '68 quando, una bionda e affascinante Sylvie Vartan, rendeva famosa la sigla di Canzonissima:
"Sarà capitato anche a voi / di avere una musica in testa / sentire una specie d'orchestra / suonare suonare suonare suonare / Zum zum zum zum zum";
un motivo simile doveva dare voga e ritmo alla sgroppata del Rafik Husseini, stretto collaboratore di quell'Abu Mazen, presidente e successore di Yasser Arafat nella guida dell'Autorità Nazionale Palestinese;
Zum zum zum, zum zum!
Il black e decker del medioriente, non riuscendo a far breccia nel muro che protegge Israele dagli attentati terroristici, si è fatto filmare, nudo come un verme, a trapanare la segretaria, mostrando un altro volto della tensione che c'è in quell'area, non solo dovuta alla coabitazione di due popoli diversi tra loro.
Come si dice qui, nella metropoli meneghina: "al tira pusè un pel da figa che un car da bò", tira più un pelo di ...Rafika che un carro di buoi.
Meglio un uovo oggi che la gallina domani, avrà pensato;
vero è che, se si fa saltare in aria per la libertà della sua terra, avrà ben settantadue vergini nel paradiso di Allah, ma lui non è pretenzioso: s'accontenta del certo, di quel che ha sotto mano, all'incerto di una promessa che potrebbe rivelarsi da marinaio.
In un appartamento di Gerusalemme Est, il nostro sciupafemmine, "trombeur" più che "tombeur de femme", andava all'assalto, baionetta in canna, in una cruenta lotta corpo a corpo, all'arma bianca.
E già: il potere logora chi non ce l'ha...la segretaria.
Zum zum zum, zum zum!
Una intervista ad un ex capo dell'intelligence palestinese, rivela che ci sono in giro "migliaia di documenti" come prova della "spaventosa corruzione ai vertici dell'Anp", e non solo di sesso e carnazza, ma di baiocchi, di palanche, di zecchini: milioni di dollari che, donati dall'Europa, dai Paesi arabi, babbioni e babbei di tutto il mondo alla causa palestinese, finiti nelle tasche dei tanti capoccioni;
dal dirottamento di aerei, a quello di tintinnanti quattrini, sport in cui era campione il buon Yasser Arafat stesso, che all'agonia si era trovato attorno tanti che lo piangevano...perché non riuscivano a trovare i conti segreti all'estero.
Il re è nudo...beh, a dire il vero, l'intera aristocrazia dei cagnoni palestinesi mostra agonismo sfrenato, nel fregare e soddisfare voglie, ambizioni e impinguare casse proprie.
Il popol bue può aspettare, che gli basta poco e, con un litro d'acqua fa più strada che una vecchia e risparmiosa utilitaria.
Meglio, anzi, se per la causa si fanno vedere asciutti, magri e stracciati, che si guadagna di più con le elemosine del mondo che nello zappar terra e lavorare.
Cornuti e mazziati questi, corrotti e all'ingrasso gli altri.
"Gola Profonda" Tirawi, fedelissimo di Arafat, per dieci anni depositario dei segreti di Ramallah, è disposto a dispensare altro sesso e a svelare altre bugie;
Come si usa dire, quando le cose precipitano: «Qui va tutto a puttane!»
Intanto, come gli gnocchi a bollitura, altro comincia ad emergere:
- «Stretti collaboratori e un figlio di Abu Mazen si sono sgraffignati ingenti somme di denaro, compresa parte delle donazioni internazionali» svela Gola profonda «sono coinvolti in un giro di corruzione sin dai tempi della morte di Yasser Arafat, nel 2004!»
E i Rafik Husseini intanto prendono per i fondelli...e non solo le segretarie!
Zum zum zum, zum zum...grulli di tutto il mondo: grazie di esistere!
Io, secondo me...11.02.2010
"Sarà capitato anche a voi / di avere una musica in testa / sentire una specie d'orchestra / suonare suonare suonare suonare / Zum zum zum zum zum";
un motivo simile doveva dare voga e ritmo alla sgroppata del Rafik Husseini, stretto collaboratore di quell'Abu Mazen, presidente e successore di Yasser Arafat nella guida dell'Autorità Nazionale Palestinese;
Zum zum zum, zum zum!
Il black e decker del medioriente, non riuscendo a far breccia nel muro che protegge Israele dagli attentati terroristici, si è fatto filmare, nudo come un verme, a trapanare la segretaria, mostrando un altro volto della tensione che c'è in quell'area, non solo dovuta alla coabitazione di due popoli diversi tra loro.
Come si dice qui, nella metropoli meneghina: "al tira pusè un pel da figa che un car da bò", tira più un pelo di ...Rafika che un carro di buoi.
Meglio un uovo oggi che la gallina domani, avrà pensato;
vero è che, se si fa saltare in aria per la libertà della sua terra, avrà ben settantadue vergini nel paradiso di Allah, ma lui non è pretenzioso: s'accontenta del certo, di quel che ha sotto mano, all'incerto di una promessa che potrebbe rivelarsi da marinaio.
In un appartamento di Gerusalemme Est, il nostro sciupafemmine, "trombeur" più che "tombeur de femme", andava all'assalto, baionetta in canna, in una cruenta lotta corpo a corpo, all'arma bianca.
E già: il potere logora chi non ce l'ha...la segretaria.
Zum zum zum, zum zum!
Una intervista ad un ex capo dell'intelligence palestinese, rivela che ci sono in giro "migliaia di documenti" come prova della "spaventosa corruzione ai vertici dell'Anp", e non solo di sesso e carnazza, ma di baiocchi, di palanche, di zecchini: milioni di dollari che, donati dall'Europa, dai Paesi arabi, babbioni e babbei di tutto il mondo alla causa palestinese, finiti nelle tasche dei tanti capoccioni;
dal dirottamento di aerei, a quello di tintinnanti quattrini, sport in cui era campione il buon Yasser Arafat stesso, che all'agonia si era trovato attorno tanti che lo piangevano...perché non riuscivano a trovare i conti segreti all'estero.
Il re è nudo...beh, a dire il vero, l'intera aristocrazia dei cagnoni palestinesi mostra agonismo sfrenato, nel fregare e soddisfare voglie, ambizioni e impinguare casse proprie.
Il popol bue può aspettare, che gli basta poco e, con un litro d'acqua fa più strada che una vecchia e risparmiosa utilitaria.
Meglio, anzi, se per la causa si fanno vedere asciutti, magri e stracciati, che si guadagna di più con le elemosine del mondo che nello zappar terra e lavorare.
Cornuti e mazziati questi, corrotti e all'ingrasso gli altri.
"Gola Profonda" Tirawi, fedelissimo di Arafat, per dieci anni depositario dei segreti di Ramallah, è disposto a dispensare altro sesso e a svelare altre bugie;
Come si usa dire, quando le cose precipitano: «Qui va tutto a puttane!»
Intanto, come gli gnocchi a bollitura, altro comincia ad emergere:
- «Stretti collaboratori e un figlio di Abu Mazen si sono sgraffignati ingenti somme di denaro, compresa parte delle donazioni internazionali» svela Gola profonda «sono coinvolti in un giro di corruzione sin dai tempi della morte di Yasser Arafat, nel 2004!»
E i Rafik Husseini intanto prendono per i fondelli...e non solo le segretarie!
Zum zum zum, zum zum...grulli di tutto il mondo: grazie di esistere!
Io, secondo me...11.02.2010
mercoledì 10 febbraio 2010
lunedì 8 febbraio 2010
Bambapax
C'erano.
I ponti.
C'erano, ma li attraversavano imbottiti d'esplosivo.
Andavano nelle discoteche, nei mercati, sugli autobus, davanti alle scuole;
dovunque...dovunque l'esplosione potesse trovare carne da triturare, maciullare, smembrare, gambe, braccia e teste da tranciare, interiora da tirar fuori, ossa da frantumare e ogni forma possibile di massacro e di bassa macelleria.
Di civili.
Inermi.
Innocenti.
Indifesi.
Ponti e non muri, ancora adesso una manica di babbei sono a chiedere.
E già: com'erano belli i tempi delle stragi, quando i "perfidi giudii" saltavano in aria come birilli e le tonache di casa nostra raccomandavano la pace, quella dell'offerta d'altra guancia, tanto cara agli zerbini della casa dell'incenso, che ben si adattava all'ebreo che, nel fondo dell'animo d'antica scuola cattolica "Ancora gli sta bene!" al vecchio deicida, assassino di nostro signore.
Tutto ciò che gli viene è la giusta punizione per il malfatto di duemila anni addietro.
Dura crosta, che tanto ancora riveste e si trasmette, da arcaiche vesti talari ad altre, un passaggio di testimone, di una staffetta che si corre da secoli.
No, nelle catacombe di San Pietro, all'ombra della cristianità, ancora pulsa un pensiero indecente, un odio tramandato, l'eredità di un mondo e un pensiero rugoso ma temprato in secoli di sedimentazione e stratificazioni.
L'abito non fa il monaco e, in un mondo dove campar parecchio è comune, ancor di più l'asprezza del buon vino passato ad aceto impregna i muri.
SI chiede ad altri lo sperperare vita, quando neppure un Papa, davanti allo sterminio di sei milioni di ebrei, seppe rischiare il campo di concentramento, e pensò bene di nascondersi dietro l'arte degli antichi Bizantini, famosi per esser fumosi quanto basta, in un pensiero tortuoso ma camaleontico, pronto, all'occorrenza, a cambiar di significato e rivoltare frittate.
- «Via i muri!», dice il Nandino, il Capovilla;
iniziò con una chiesuola, parrocchetto nell'isola di Murano - che missione rischiosa e improba! - ora Referente nazionale della Campagna "Ponti e non muri" promossa da Pax Christi International, responsabile delle azioni in Israele e Palestina per Pax Christi Italia.
Quel che c'era prima dei muri, si conosce;
quel che sarebbe, è chiaro, a menti non allineate ad un "catechismo di Murano", all'ombra fresca del campanile di paesello.
Il Nanduccio no, non ci arriva.
- «Il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi ha attuato una liquidazione totale delle speranze di pace in Terra Santa [..] affermando che è stato giusto il massacro su Gaza [..] la distruzione di migliaia di case, scuole, ospedali [..] di non aver visto il Muro dell'apartheid che circonda Betlemme [..] non evidenziandone le terribili conseguenze umanitarie.
Roba da controllare il livello della bottiglia di vino, custodito assieme alle ostie consacrate nel Tabernacolo.
Sempre che il nostro amico non arrivi già dopo aver ispezionato la damigiana.
Una matematica elementare, alla portata pure di tanto somaro, arriva a contare un numero infinitamente minore di morti - innocenti, Nandino innocenti! -prima e dopo la costruzione del muro.
Se mai dimostrazione fosse più lapalissiana, ecco la prova di quanto il muro abbia saputo DIFENDERE la vita di civili - donne, vecchi e bambini - visto che Israele non ha usato i blocchi con la catapulta;
differentemente dalle migliaia di missili, che i "poveri palestinesi" di Gaza hanno lanciato -PER ANNI - su Sderot, nell'indifferenza del mondo cacasotto.
E il Nandino, probabilmente, allora si ciucciava il pollicione del piede e, con sguardo assente ed ebete, faceva il "don struzzo", con la testa infilata nel catino dell'indifferenza per non vedere le sofferenze dello "sporco giudio".
- «[..] Definendo più volte Israele come 'Stato ebraico, libero e democratico', ha liquidato quel milione e duecentomila cittadini dello Stato d'Israele, che ebrei non sono, e che vedono ogni giorno calpestati i loro diritti».
Forse il diritto di Israele a proteggere i propri figli è maggiore di quello di tanti che appoggiano lo statuto di Hamas, che come la parte adenoide di Hezbollah e il nanetto di Teheran, proclamano ESPLICITAMENTE - nero su bianco - l'intenzione di CANCELLARE FISICAMENTE il popolo di Israele.
In fin dei conti, nessuno da del criminale al contadino, che chiude i polli dietro una rete o un muretto, per difenderle dai predatori.
Forse che i bambini, i vecchi e le donne di Israele valgono meno di un pollo?
Senti, Nandino: se Israele, quando si beccava i razzi su Sderot, avesse applicato la legge del taglione e risposto con una pari bombarda su Gaza, che cosa avreste starnazzato, tu e i tuoi?
- « Pregare è un atto di fede. Ovviamente c'è chi crede alla pace ma non al potere della preghiera.»
Ah, ecco la soluzione: lo scudo antimissile contro i lanci da Gaza era la Preghiera!
Vieni, Nandino,. Che provo io a spedirti un petardo in direzione della targa, e vedi se con un Padre Nostro ce la fai a schivarlo!
A proposito: un commando palestinese, il 25 giugno 2006, catturò un soldato di Israele, Gilad Shalit, che ancora è tenuto prigioniero, trattato peggio di un ratto in una fogna;
Nandino mio: non mi risulta che ti sei mai sbattuto per costui.
Bravo: tanto è solo un altro, dei tanti "maledetti giudii".
Nandino, ascolta me: «Ma va a ciapà i ratt!!»
Io, secondo me...08.02.2010
I ponti.
C'erano, ma li attraversavano imbottiti d'esplosivo.
Andavano nelle discoteche, nei mercati, sugli autobus, davanti alle scuole;
dovunque...dovunque l'esplosione potesse trovare carne da triturare, maciullare, smembrare, gambe, braccia e teste da tranciare, interiora da tirar fuori, ossa da frantumare e ogni forma possibile di massacro e di bassa macelleria.
Di civili.
Inermi.
Innocenti.
Indifesi.
Ponti e non muri, ancora adesso una manica di babbei sono a chiedere.
E già: com'erano belli i tempi delle stragi, quando i "perfidi giudii" saltavano in aria come birilli e le tonache di casa nostra raccomandavano la pace, quella dell'offerta d'altra guancia, tanto cara agli zerbini della casa dell'incenso, che ben si adattava all'ebreo che, nel fondo dell'animo d'antica scuola cattolica "Ancora gli sta bene!" al vecchio deicida, assassino di nostro signore.
Tutto ciò che gli viene è la giusta punizione per il malfatto di duemila anni addietro.
Dura crosta, che tanto ancora riveste e si trasmette, da arcaiche vesti talari ad altre, un passaggio di testimone, di una staffetta che si corre da secoli.
No, nelle catacombe di San Pietro, all'ombra della cristianità, ancora pulsa un pensiero indecente, un odio tramandato, l'eredità di un mondo e un pensiero rugoso ma temprato in secoli di sedimentazione e stratificazioni.
L'abito non fa il monaco e, in un mondo dove campar parecchio è comune, ancor di più l'asprezza del buon vino passato ad aceto impregna i muri.
SI chiede ad altri lo sperperare vita, quando neppure un Papa, davanti allo sterminio di sei milioni di ebrei, seppe rischiare il campo di concentramento, e pensò bene di nascondersi dietro l'arte degli antichi Bizantini, famosi per esser fumosi quanto basta, in un pensiero tortuoso ma camaleontico, pronto, all'occorrenza, a cambiar di significato e rivoltare frittate.
- «Via i muri!», dice il Nandino, il Capovilla;
iniziò con una chiesuola, parrocchetto nell'isola di Murano - che missione rischiosa e improba! - ora Referente nazionale della Campagna "Ponti e non muri" promossa da Pax Christi International, responsabile delle azioni in Israele e Palestina per Pax Christi Italia.
Quel che c'era prima dei muri, si conosce;
quel che sarebbe, è chiaro, a menti non allineate ad un "catechismo di Murano", all'ombra fresca del campanile di paesello.
Il Nanduccio no, non ci arriva.
- «Il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi ha attuato una liquidazione totale delle speranze di pace in Terra Santa [..] affermando che è stato giusto il massacro su Gaza [..] la distruzione di migliaia di case, scuole, ospedali [..] di non aver visto il Muro dell'apartheid che circonda Betlemme [..] non evidenziandone le terribili conseguenze umanitarie.
Roba da controllare il livello della bottiglia di vino, custodito assieme alle ostie consacrate nel Tabernacolo.
Sempre che il nostro amico non arrivi già dopo aver ispezionato la damigiana.
Una matematica elementare, alla portata pure di tanto somaro, arriva a contare un numero infinitamente minore di morti - innocenti, Nandino innocenti! -prima e dopo la costruzione del muro.
Se mai dimostrazione fosse più lapalissiana, ecco la prova di quanto il muro abbia saputo DIFENDERE la vita di civili - donne, vecchi e bambini - visto che Israele non ha usato i blocchi con la catapulta;
differentemente dalle migliaia di missili, che i "poveri palestinesi" di Gaza hanno lanciato -PER ANNI - su Sderot, nell'indifferenza del mondo cacasotto.
E il Nandino, probabilmente, allora si ciucciava il pollicione del piede e, con sguardo assente ed ebete, faceva il "don struzzo", con la testa infilata nel catino dell'indifferenza per non vedere le sofferenze dello "sporco giudio".
- «[..] Definendo più volte Israele come 'Stato ebraico, libero e democratico', ha liquidato quel milione e duecentomila cittadini dello Stato d'Israele, che ebrei non sono, e che vedono ogni giorno calpestati i loro diritti».
Forse il diritto di Israele a proteggere i propri figli è maggiore di quello di tanti che appoggiano lo statuto di Hamas, che come la parte adenoide di Hezbollah e il nanetto di Teheran, proclamano ESPLICITAMENTE - nero su bianco - l'intenzione di CANCELLARE FISICAMENTE il popolo di Israele.
In fin dei conti, nessuno da del criminale al contadino, che chiude i polli dietro una rete o un muretto, per difenderle dai predatori.
Forse che i bambini, i vecchi e le donne di Israele valgono meno di un pollo?
Senti, Nandino: se Israele, quando si beccava i razzi su Sderot, avesse applicato la legge del taglione e risposto con una pari bombarda su Gaza, che cosa avreste starnazzato, tu e i tuoi?
- « Pregare è un atto di fede. Ovviamente c'è chi crede alla pace ma non al potere della preghiera.»
Ah, ecco la soluzione: lo scudo antimissile contro i lanci da Gaza era la Preghiera!
Vieni, Nandino,. Che provo io a spedirti un petardo in direzione della targa, e vedi se con un Padre Nostro ce la fai a schivarlo!
A proposito: un commando palestinese, il 25 giugno 2006, catturò un soldato di Israele, Gilad Shalit, che ancora è tenuto prigioniero, trattato peggio di un ratto in una fogna;
Nandino mio: non mi risulta che ti sei mai sbattuto per costui.
Bravo: tanto è solo un altro, dei tanti "maledetti giudii".
Nandino, ascolta me: «Ma va a ciapà i ratt!!»
Io, secondo me...08.02.2010
venerdì 5 febbraio 2010
Duedipicche
In tutta confidenza: Bin Laden è qui, in incognito, ospite in casa mia;
dopo averlo convinto a rasarsi barba e baffi, all'amministratore ho detto che era mio nonno, malato di morbo di Alzheimer, giusto perché lo ignorino, nel caso gli venisse in mente di aprir bocca e sparar cazzate delle sue.
Così riesco a mascherare anche la stranezza che se ne va in giro con il Kalashnikov e la bandoliera piena di proiettili.
- «Sapete com'è: ha un ritorno di fiamma, indietro all'infanzia, e gioca ai soldatini!»
C'è un ronzio che mi disturba...apro le tende, quel poco per sbirciare fuori: c'è uno stano apparecchio che gira in tondo; sulla fusoliera porta scritto "USS Predator" e una delle telecamere gira lentamente verso di me.
Chiudo subito il telo.
- «'azzarola: mi ero dimenticato di Echelon!»
In un mondo dove, se non le spari grosse, nessuno ti vede e ti passano attraverso, come i fantasmi nel muro, non volevo essere da meno; ma la balla di Bin Laden nel mio pensionato forse è stato troppo, nel mondo reale di Echelon.
In effetti, "Lui" non è uno: è una fitta rete informatica capace di controllare l'intero globo e di intercettare, selezionare e registrare ogni forma di comunicazione elettronica; un insieme super computer e un certo numero di stazioni a terra, in grado di ricevere informazioni dai satelliti artificiali presenti in orbita.
Insomma, è uno spione, con tante orbite che gli girano, e appena riesce ad intercettare una parola, una frase "sensibile", scampanella, suona i tromboni, urla, sbraita e manda avvisi a destra e manca:
- «Occhio: Bin Laden è nascosto in Italia, in casa del Beppe Fontana; l'ha appena confessato e scritto!»
Santiddio, o attorno a casa mia c'è un alveare o c'hanno mandato e raccolto l'intera flotta dei Droni da guerra, dall'Afghanistan!
- «Ehi, Echelon, scherzavo: il vecchiardo non è da me...ma ho sentito dire che ce l'ha l'Antonio, il Di Pietro.»
Oh, finalmente: che bel silenzio che c'è fuori.
Basta, per avere visibilità è meglio che ridimensioni il tiro e i rischi, che al Grande Fratello americano, è meglio quello di casa nostra.
- «Io e Maicol, da piccoli, ci siamo chiusi nel bagno e abbiamo giocato al dottore!»
Si, suona meglio: non fai tendenza se, nel voler trasgredire non te la fai con culatelli, viados, escort e checche.
- «Olà, maschietti, fate attenzione a Maicol, che quel coso duro, che vibra quando vi struscia, non è il telefonino!»
Ma perché spreco fiato: per la prurigine, i guardoni del tubo, i voyeur del catodo, valgono le regole opposte, dove sono proprio i poli eguali che si attraggono, a stimolare lesbismi clitoridei e incrociar di bastoni.
I passepartout, i coltellini svizzeri del terzo millennio si chiamano Natalie, Brenda, Luana, Palomina, Tiffany, Maira e Camilla e via andare: le spogli e c'hanno tutto, dalle tette alla salamella, e più possibilità di andare o mettere in buca, che per un campo da golf.
Ci hanno dato lezione su tutti i mezzi d'informazione, sul come rende bene l'essere polivalenti, come coltellini svizzeri, passando dal pozzo al pendolo.
Lasciamo stare Patrizia, la D'Addario, presidentessa del "Global Puttan Tour", un viaggio nel mondo ad illustrare arte sua in larghezza e tolleranza, ma non d'idee e pensiero.
Pare che oggi la società viva più di avanzi e scarti, prediligendo una cucina povera di contenuto ma ricca di sapore, come quando, una volta, s'insaporiva di spezie per nascondere il sapore di carne marcia.
Colpo di gomito nel fianco dell'amico, compagno di merende; occhio furtivo, confidente e complice:
- «Hai visto la Sarah, che si è avvitata la lingua a cavatappi con la Veronica? Che belle porcone, eh? Non dirmi che non ti sei attizzato nel vedere le due idrovore che aderivano come il biadesivo!»
C'è ancora chi crede che calderoni di broda di frattaglie, stile "Grande Fratello", "L'isola dei famosi", "La fattoria", "La talpa" e strame vario, siano frammenti di realtà, di vita comune e non sapiente regia, dove il pepe è gettato in faccia al popolo bue come la scossa per i cani di Pavlov, famosi per reagire, per riflesso condizionato, a comandi che dovevano gestirne e pilotarne comportamento.
Con la differenza che, nei cani, era interessato il cervello mentre, negli gli umani, la parte sottombelicale.
Emozioni forti, situazioni cruente, comportamenti animaleschi, reazioni violente, manesche o muscolari: questo è tipo, essere, esempio e insegnamento che è dato alla comunità; se vuoi emergere, l'importante è esagerare, in tutto.
L'ultimo furbetto de quartiere: Morgan, giudice della trasmissione X Factor ed effimero emergente, prossimo e veloce osso da consumazione mediatica.
- «Mi faccio di droga: ne faccio colazione ogni giorno, con i biscotti e il caffelatte!»
Vogliamo proprio credere che uno scafato come lui, che conosce a menadito il mondo in cui si muove, non abbia pesato le parole e il ritorno di tanta affermazione?
Dopo la prima levata di scudi e reazione di facciata, qualche buffetto di rimprovero, ora monetizza, che il "galleggiamento" è migliorato e lui cammina sulle acque, approfittando dell'ipocrita sindrome da crocerossina o di missionario, del com'è bello ritrovare il figliol prodigo, ritrovare la pecorella smarrita e salvare un'anima.
Pier Luigi Bersani dice: "Certamente ha dato un cattivo insegnamento, ha sbagliato, ma non possiamo massacrarlo. Dobbiamo dargli una possibilità come tutti quelli che hanno sbagliato e ai quali va data un'altra occasione".
Livia Turco gli fa sponda, augurandosi che "la Rai riconsideri la scelta di non invitarlo a Sanremo" e il
Pupo ribadisce "Che sia riammesso".
E non poteva mancare Vasco Rossi, che di bottiglie e polvere se ne intende: "Caro Morgan, mi sei ancora più simpatico".
Per Ivano Fossati invece, è solo "Inciampato in alcune dichiarazioni inopportune e infelici".
Claudia Mori, scandalizzata, starnazza che "Non si può trattare un artista in questa maniera, non si butta il mostro in prima pagina".
Già, peccato che, essere mostro in prima pagina, è bel modo di fare grancassa e pubblicità gratuita, e presto lo vedremo salire pure lui in cattedra, a far lezione, assieme alle Natalie, Brenda, Luana, Palomina, Tiffany, Maira e Camilla, alle Patrizie D'Addario e a tutta la corte dei miracoli del circo, di quelli che non vogliono essere solo un "Duedipicche", scartine nel mazzo.
Un modo elegante di pestare della merda e dire: «Non importa che puzzi: basta che si senta!»
Io, secondo me...05.02.2010
dopo averlo convinto a rasarsi barba e baffi, all'amministratore ho detto che era mio nonno, malato di morbo di Alzheimer, giusto perché lo ignorino, nel caso gli venisse in mente di aprir bocca e sparar cazzate delle sue.
Così riesco a mascherare anche la stranezza che se ne va in giro con il Kalashnikov e la bandoliera piena di proiettili.
- «Sapete com'è: ha un ritorno di fiamma, indietro all'infanzia, e gioca ai soldatini!»
C'è un ronzio che mi disturba...apro le tende, quel poco per sbirciare fuori: c'è uno stano apparecchio che gira in tondo; sulla fusoliera porta scritto "USS Predator" e una delle telecamere gira lentamente verso di me.
Chiudo subito il telo.
- «'azzarola: mi ero dimenticato di Echelon!»
In un mondo dove, se non le spari grosse, nessuno ti vede e ti passano attraverso, come i fantasmi nel muro, non volevo essere da meno; ma la balla di Bin Laden nel mio pensionato forse è stato troppo, nel mondo reale di Echelon.
In effetti, "Lui" non è uno: è una fitta rete informatica capace di controllare l'intero globo e di intercettare, selezionare e registrare ogni forma di comunicazione elettronica; un insieme super computer e un certo numero di stazioni a terra, in grado di ricevere informazioni dai satelliti artificiali presenti in orbita.
Insomma, è uno spione, con tante orbite che gli girano, e appena riesce ad intercettare una parola, una frase "sensibile", scampanella, suona i tromboni, urla, sbraita e manda avvisi a destra e manca:
- «Occhio: Bin Laden è nascosto in Italia, in casa del Beppe Fontana; l'ha appena confessato e scritto!»
Santiddio, o attorno a casa mia c'è un alveare o c'hanno mandato e raccolto l'intera flotta dei Droni da guerra, dall'Afghanistan!
- «Ehi, Echelon, scherzavo: il vecchiardo non è da me...ma ho sentito dire che ce l'ha l'Antonio, il Di Pietro.»
Oh, finalmente: che bel silenzio che c'è fuori.
Basta, per avere visibilità è meglio che ridimensioni il tiro e i rischi, che al Grande Fratello americano, è meglio quello di casa nostra.
- «Io e Maicol, da piccoli, ci siamo chiusi nel bagno e abbiamo giocato al dottore!»
Si, suona meglio: non fai tendenza se, nel voler trasgredire non te la fai con culatelli, viados, escort e checche.
- «Olà, maschietti, fate attenzione a Maicol, che quel coso duro, che vibra quando vi struscia, non è il telefonino!»
Ma perché spreco fiato: per la prurigine, i guardoni del tubo, i voyeur del catodo, valgono le regole opposte, dove sono proprio i poli eguali che si attraggono, a stimolare lesbismi clitoridei e incrociar di bastoni.
I passepartout, i coltellini svizzeri del terzo millennio si chiamano Natalie, Brenda, Luana, Palomina, Tiffany, Maira e Camilla e via andare: le spogli e c'hanno tutto, dalle tette alla salamella, e più possibilità di andare o mettere in buca, che per un campo da golf.
Ci hanno dato lezione su tutti i mezzi d'informazione, sul come rende bene l'essere polivalenti, come coltellini svizzeri, passando dal pozzo al pendolo.
Lasciamo stare Patrizia, la D'Addario, presidentessa del "Global Puttan Tour", un viaggio nel mondo ad illustrare arte sua in larghezza e tolleranza, ma non d'idee e pensiero.
Pare che oggi la società viva più di avanzi e scarti, prediligendo una cucina povera di contenuto ma ricca di sapore, come quando, una volta, s'insaporiva di spezie per nascondere il sapore di carne marcia.
Colpo di gomito nel fianco dell'amico, compagno di merende; occhio furtivo, confidente e complice:
- «Hai visto la Sarah, che si è avvitata la lingua a cavatappi con la Veronica? Che belle porcone, eh? Non dirmi che non ti sei attizzato nel vedere le due idrovore che aderivano come il biadesivo!»
C'è ancora chi crede che calderoni di broda di frattaglie, stile "Grande Fratello", "L'isola dei famosi", "La fattoria", "La talpa" e strame vario, siano frammenti di realtà, di vita comune e non sapiente regia, dove il pepe è gettato in faccia al popolo bue come la scossa per i cani di Pavlov, famosi per reagire, per riflesso condizionato, a comandi che dovevano gestirne e pilotarne comportamento.
Con la differenza che, nei cani, era interessato il cervello mentre, negli gli umani, la parte sottombelicale.
Emozioni forti, situazioni cruente, comportamenti animaleschi, reazioni violente, manesche o muscolari: questo è tipo, essere, esempio e insegnamento che è dato alla comunità; se vuoi emergere, l'importante è esagerare, in tutto.
L'ultimo furbetto de quartiere: Morgan, giudice della trasmissione X Factor ed effimero emergente, prossimo e veloce osso da consumazione mediatica.
- «Mi faccio di droga: ne faccio colazione ogni giorno, con i biscotti e il caffelatte!»
Vogliamo proprio credere che uno scafato come lui, che conosce a menadito il mondo in cui si muove, non abbia pesato le parole e il ritorno di tanta affermazione?
Dopo la prima levata di scudi e reazione di facciata, qualche buffetto di rimprovero, ora monetizza, che il "galleggiamento" è migliorato e lui cammina sulle acque, approfittando dell'ipocrita sindrome da crocerossina o di missionario, del com'è bello ritrovare il figliol prodigo, ritrovare la pecorella smarrita e salvare un'anima.
Pier Luigi Bersani dice: "Certamente ha dato un cattivo insegnamento, ha sbagliato, ma non possiamo massacrarlo. Dobbiamo dargli una possibilità come tutti quelli che hanno sbagliato e ai quali va data un'altra occasione".
Livia Turco gli fa sponda, augurandosi che "la Rai riconsideri la scelta di non invitarlo a Sanremo" e il
Pupo ribadisce "Che sia riammesso".
E non poteva mancare Vasco Rossi, che di bottiglie e polvere se ne intende: "Caro Morgan, mi sei ancora più simpatico".
Per Ivano Fossati invece, è solo "Inciampato in alcune dichiarazioni inopportune e infelici".
Claudia Mori, scandalizzata, starnazza che "Non si può trattare un artista in questa maniera, non si butta il mostro in prima pagina".
Già, peccato che, essere mostro in prima pagina, è bel modo di fare grancassa e pubblicità gratuita, e presto lo vedremo salire pure lui in cattedra, a far lezione, assieme alle Natalie, Brenda, Luana, Palomina, Tiffany, Maira e Camilla, alle Patrizie D'Addario e a tutta la corte dei miracoli del circo, di quelli che non vogliono essere solo un "Duedipicche", scartine nel mazzo.
Un modo elegante di pestare della merda e dire: «Non importa che puzzi: basta che si senta!»
Io, secondo me...05.02.2010
giovedì 4 febbraio 2010
mercoledì 3 febbraio 2010
lunedì 1 febbraio 2010
lungiMiraggi
Era un gran puttaniere, inutile negarlo: al primo sventolare di femminile piumaggio andava in trifola;
era giovane, e ci mise del tempo a formare la crosticina che, indurita, doveva diventare tempra di polpa d'acciaio, piastra d'armatura;
era bello, fotogenico, sprizzava salute, vitalità, voglia di fare, entusiasmo, un vero modello.
Trascinava, non spingeva: non aveva bisogno di muovere le masse con il bastone e le baionette;
incantava, come il fiabesco pifferaio di Hamelin, che quel che fece questo, ammaliando e portando con sè tutti i topi della città, lui lo fece con le genti, non solo del suo paese.
Aveva carisma, che è uno dei doni più belli che si possano avere per grazia divina.
Oltre cortina, quella di ferro e in tutti i paradisi del "sol dell'avvenire", i cespugliosi occhi, le creste e le placche d'antichi dinosauri, lo studiavano, cercavano il punto debole, pronti ad azzannarlo, facendo tesoro di secoli di abitudine alla lotta, in un ambiente dove la selezione della specie era alla massima esasperazione.
Si, pensarono: poteva essere ghermito con facilità;
era avventato, si faceva trasportare da chimere, credeva nei sogni e, per rettili abituati agli agguati nell'intrico e nelle tenebre di una foresta fitta, umida e nebbiosa, non c'era da fare che quello per cui erano programmati: divorarlo, inghiottirlo, che non c'era neppure bisogno di lunga masticazione.
In effetti, il nobile JFK, altrimenti detto John Fitzgerald Kennedy, trentacinquesimo Presidente degli Stati Uniti, aveva iniziato con un filotto di cazzate impressionante.
In Vietnam, quella guerra-pantano dove l'America si trovò come la mosca sulla carta moschicida, il JFK, voleva contenere la muscolarità di un comunistardo Vietnam del Nord, anteponendo il buono, del Sud, dopo aver cercato di convincere questi a plasmarsi ad "immagine e somiglianza" di una nazione stabile e democratica;
L'allora Presidente del Vietnam del Sud, Ngo Dinh Diem, gli diede corda, ringraziò la provvidenza di avergli mandato un babbeo simile e continuò a farsi i cazzi propri, giocando molto di facciata e poco di sostanza;
quando ci furono le elezioni, fu permesso solo un candidato all'opposizione e i brogli elettorali lo misero subito fuori gioco.
Ngo Dinh Diem riteneva demenziali le idee di democrazia, da applicare su un governo e in una nazione vietnamita ancora giovane e instabile;
e poi, s'intrallazza meglio se il manico del coltello lo tiene uno solo.
E qui, il bel John ci restò invischiato, mazziato e cornuto.
Seconda cappellata magistrale: l'idea di togliere il cadreghino da sotto il culo del Fidel, il Castro, leader socialista del governo di Cuba.
Ecco il nostro implume e sfigato JFK sostenere, sovvenzionare e benedire un tentato sbarco, nella Baia dei Porci, in cui 1.500 cubani anticastristi furono sconfitti dalle forze regolari cubane.
Mazzolata pazzesca e figuraccia di merda.
Peggio.
Il Fidel, incazzato come una biscia, alza la posta e poco ci mancò che divenisse il nuovo Gavrilo Princip, pietra focaia della Terza Guerra Mondiale.
Il 14 ottobre 1962 gli aerei spia americani fotografarono un sito cubano dove era in costruzione una base missilistica sovietica.
Se gli Stati Uniti avessero attaccato il sito, avrebbero dato inizio ad una guerra nucleare con l'Unione Sovietica;
facendo nulla, avrebbero avuto una spada di Damocle nucleare nella propria testa e dato l'impressione di un budino, una nazione gelatina, agli occhi del mondo.
Krusciov, padrone della tastiera missilistica russa, guardò in faccia quel ragazzino, e decise che, sì, forse se la sarebbe fatta sotto e avrebbe incassato senza reagire, come i bambini che si nascondono timorosi della punizione.
Kennedy ordinò il blocco navale dell'isola.
Le navi russe arrivarono a muso duro, il mondo tremò come non mai, poi il buon senso - o attenti calcoli su perdite e guadagni - pose termine a quel gioco al massacro.
Il "bambino" imparò e cambiò scenario; nuovo gioco: il mondo.
26 giugno 1963 visitò Berlino Ovest: memorabile fu quel discorso, contro la costruzione del Muro maledetto che divideva le due città.
Magistrale il suo "Ich bin ein Berliner", salutato dai berlinesi e dal mondo libero con una grande ovazione.
E poi, sulla luna!
Kennedy ottenne il finanziamento del Programma Apollo, per portare l'Homo Statunitensis sulla Luna entro la fine della decade.
- «Abbiamo scelto di andare sulla Luna e di fare altre cose, non perché sono facili, ma perché sono difficili», disse.
Sei anni dopo la sua morte questo obiettivo fu raggiunto. Era il magico 1969.
Prima bambino, diventò adulto.
Sbagliò, ma poi capì cosa fosse la lungimiranza.
Tanto lasciò il segno che, l'immagine sua e della famiglia, valsero alla sua amministrazione l'appellativo postumo di "Camelot", il regno fiabesco e incantato della Tavola Rotonda, di re Artù.
Oggi tocca all'Obama;
bello, fotogenico, sprizzava salute, vitalità, voglia di fare, entusiasmo, un vero modello.
Ha iniziato pure lui trascinando e incantando, tanto che gli hanno firmato cambiali in bianco e fatto credito, da subito dandogli il Nobel per la pace, quando ancora l'America non se la può permettere.
La storia si ripete: altri cespugliosi occhi, creste e placche d'antichi dinosauri, lo studiarono, cercando il punto debole, pronti ad azzannare.
Si chiamano Ahmadjnejad, il bombarolo, oppure Binladensis generation, o Hezbollah animals, macelleria Hamas e frattaglie varie.
L'hanno palpato, auscultato, testato, lisciato per il pelo e contro.
- «Mò questo ce lo mangiamo!», hanno concluso.
Ognuno ha continuato ad affilare le proprie lame;
Ahmadjnejad, dopo averlo degnato di uno sguardo sprezzante, continua lo scodellamento di brodaglia nucleare.
- «Stò fighetto mi fa un baffo!»
I giovani di Teheran si ribellano a votazioni taroccate, dove il nanetto imbroglione l'ha fatta da padrone;
da mesi questi ragazzi muoiono in piazza, senza che neppure una vocina da pigolino nasca da quel Barack d'Obama.
Leggo, da Il Foglio del 29 gennaio:
"Ali Zamani e Arash Rahmanpur sono stati impiccati con l'accusa di essere 'mohareb', nemici di Dio; sono le prime vittime della stretta annunciata da Khamenei e Ahmadinejad subito dopo le manifestazioni della Ashura [...] regime che ha gia condannato a morte altri nove oppositori. L'accusa di essere nemici di Dio [...] intollerabile come motivazione di pena e ancor più di morte, è anche uno strumento repressivo micidiale: per essere elevata non necessita infatti di nessuna prova, di nessun riscontro materiale. E' un puro reato di opinione, ma in Iran porta alla forca".
Al Barack, poverino, già c'avevano risposto, in altre occasioni:
- «Fatti i cazzi tuoi e a casa tua, che qua comando io e so come tratttare il mio gregge!»
L'Obama è impallidito, come il Michael Jackson, quel di colore che si era sbiancato, con la scolorina, perché non stava più nella pelle.
Cerca di riprendersi:
- «Guarda che ti vedo, sai, che stai continuando a preparare i calderoni per la reazione nucleare; stai attento che non va bene!»
L'Ahmadjnejad lo guarda minaccioso.
- «Perché: sennò, che mi fai, la bua!?»
Il Barack alza le mani, a proteggersi, e comincia a frignare, poi, con voce petulante e rotta dai singhiozzi:
- «Uèèèèè...uèèèè...lo dico a papà Israel, che mi hai urlato contro, e lui, il mio papà, vedi quanti missili ti tira addosso!»
Qui finisce male: non salviamo nè...Barack, né burattini!
Obamba non c'ha lungimiranza, ma solo lungimiraggi!
Io, secondo me...01.02.2010
era giovane, e ci mise del tempo a formare la crosticina che, indurita, doveva diventare tempra di polpa d'acciaio, piastra d'armatura;
era bello, fotogenico, sprizzava salute, vitalità, voglia di fare, entusiasmo, un vero modello.
Trascinava, non spingeva: non aveva bisogno di muovere le masse con il bastone e le baionette;
incantava, come il fiabesco pifferaio di Hamelin, che quel che fece questo, ammaliando e portando con sè tutti i topi della città, lui lo fece con le genti, non solo del suo paese.
Aveva carisma, che è uno dei doni più belli che si possano avere per grazia divina.
Oltre cortina, quella di ferro e in tutti i paradisi del "sol dell'avvenire", i cespugliosi occhi, le creste e le placche d'antichi dinosauri, lo studiavano, cercavano il punto debole, pronti ad azzannarlo, facendo tesoro di secoli di abitudine alla lotta, in un ambiente dove la selezione della specie era alla massima esasperazione.
Si, pensarono: poteva essere ghermito con facilità;
era avventato, si faceva trasportare da chimere, credeva nei sogni e, per rettili abituati agli agguati nell'intrico e nelle tenebre di una foresta fitta, umida e nebbiosa, non c'era da fare che quello per cui erano programmati: divorarlo, inghiottirlo, che non c'era neppure bisogno di lunga masticazione.
In effetti, il nobile JFK, altrimenti detto John Fitzgerald Kennedy, trentacinquesimo Presidente degli Stati Uniti, aveva iniziato con un filotto di cazzate impressionante.
In Vietnam, quella guerra-pantano dove l'America si trovò come la mosca sulla carta moschicida, il JFK, voleva contenere la muscolarità di un comunistardo Vietnam del Nord, anteponendo il buono, del Sud, dopo aver cercato di convincere questi a plasmarsi ad "immagine e somiglianza" di una nazione stabile e democratica;
L'allora Presidente del Vietnam del Sud, Ngo Dinh Diem, gli diede corda, ringraziò la provvidenza di avergli mandato un babbeo simile e continuò a farsi i cazzi propri, giocando molto di facciata e poco di sostanza;
quando ci furono le elezioni, fu permesso solo un candidato all'opposizione e i brogli elettorali lo misero subito fuori gioco.
Ngo Dinh Diem riteneva demenziali le idee di democrazia, da applicare su un governo e in una nazione vietnamita ancora giovane e instabile;
e poi, s'intrallazza meglio se il manico del coltello lo tiene uno solo.
E qui, il bel John ci restò invischiato, mazziato e cornuto.
Seconda cappellata magistrale: l'idea di togliere il cadreghino da sotto il culo del Fidel, il Castro, leader socialista del governo di Cuba.
Ecco il nostro implume e sfigato JFK sostenere, sovvenzionare e benedire un tentato sbarco, nella Baia dei Porci, in cui 1.500 cubani anticastristi furono sconfitti dalle forze regolari cubane.
Mazzolata pazzesca e figuraccia di merda.
Peggio.
Il Fidel, incazzato come una biscia, alza la posta e poco ci mancò che divenisse il nuovo Gavrilo Princip, pietra focaia della Terza Guerra Mondiale.
Il 14 ottobre 1962 gli aerei spia americani fotografarono un sito cubano dove era in costruzione una base missilistica sovietica.
Se gli Stati Uniti avessero attaccato il sito, avrebbero dato inizio ad una guerra nucleare con l'Unione Sovietica;
facendo nulla, avrebbero avuto una spada di Damocle nucleare nella propria testa e dato l'impressione di un budino, una nazione gelatina, agli occhi del mondo.
Krusciov, padrone della tastiera missilistica russa, guardò in faccia quel ragazzino, e decise che, sì, forse se la sarebbe fatta sotto e avrebbe incassato senza reagire, come i bambini che si nascondono timorosi della punizione.
Kennedy ordinò il blocco navale dell'isola.
Le navi russe arrivarono a muso duro, il mondo tremò come non mai, poi il buon senso - o attenti calcoli su perdite e guadagni - pose termine a quel gioco al massacro.
Il "bambino" imparò e cambiò scenario; nuovo gioco: il mondo.
26 giugno 1963 visitò Berlino Ovest: memorabile fu quel discorso, contro la costruzione del Muro maledetto che divideva le due città.
Magistrale il suo "Ich bin ein Berliner", salutato dai berlinesi e dal mondo libero con una grande ovazione.
E poi, sulla luna!
Kennedy ottenne il finanziamento del Programma Apollo, per portare l'Homo Statunitensis sulla Luna entro la fine della decade.
- «Abbiamo scelto di andare sulla Luna e di fare altre cose, non perché sono facili, ma perché sono difficili», disse.
Sei anni dopo la sua morte questo obiettivo fu raggiunto. Era il magico 1969.
Prima bambino, diventò adulto.
Sbagliò, ma poi capì cosa fosse la lungimiranza.
Tanto lasciò il segno che, l'immagine sua e della famiglia, valsero alla sua amministrazione l'appellativo postumo di "Camelot", il regno fiabesco e incantato della Tavola Rotonda, di re Artù.
Oggi tocca all'Obama;
bello, fotogenico, sprizzava salute, vitalità, voglia di fare, entusiasmo, un vero modello.
Ha iniziato pure lui trascinando e incantando, tanto che gli hanno firmato cambiali in bianco e fatto credito, da subito dandogli il Nobel per la pace, quando ancora l'America non se la può permettere.
La storia si ripete: altri cespugliosi occhi, creste e placche d'antichi dinosauri, lo studiarono, cercando il punto debole, pronti ad azzannare.
Si chiamano Ahmadjnejad, il bombarolo, oppure Binladensis generation, o Hezbollah animals, macelleria Hamas e frattaglie varie.
L'hanno palpato, auscultato, testato, lisciato per il pelo e contro.
- «Mò questo ce lo mangiamo!», hanno concluso.
Ognuno ha continuato ad affilare le proprie lame;
Ahmadjnejad, dopo averlo degnato di uno sguardo sprezzante, continua lo scodellamento di brodaglia nucleare.
- «Stò fighetto mi fa un baffo!»
I giovani di Teheran si ribellano a votazioni taroccate, dove il nanetto imbroglione l'ha fatta da padrone;
da mesi questi ragazzi muoiono in piazza, senza che neppure una vocina da pigolino nasca da quel Barack d'Obama.
Leggo, da Il Foglio del 29 gennaio:
"Ali Zamani e Arash Rahmanpur sono stati impiccati con l'accusa di essere 'mohareb', nemici di Dio; sono le prime vittime della stretta annunciata da Khamenei e Ahmadinejad subito dopo le manifestazioni della Ashura [...] regime che ha gia condannato a morte altri nove oppositori. L'accusa di essere nemici di Dio [...] intollerabile come motivazione di pena e ancor più di morte, è anche uno strumento repressivo micidiale: per essere elevata non necessita infatti di nessuna prova, di nessun riscontro materiale. E' un puro reato di opinione, ma in Iran porta alla forca".
Al Barack, poverino, già c'avevano risposto, in altre occasioni:
- «Fatti i cazzi tuoi e a casa tua, che qua comando io e so come tratttare il mio gregge!»
L'Obama è impallidito, come il Michael Jackson, quel di colore che si era sbiancato, con la scolorina, perché non stava più nella pelle.
Cerca di riprendersi:
- «Guarda che ti vedo, sai, che stai continuando a preparare i calderoni per la reazione nucleare; stai attento che non va bene!»
L'Ahmadjnejad lo guarda minaccioso.
- «Perché: sennò, che mi fai, la bua!?»
Il Barack alza le mani, a proteggersi, e comincia a frignare, poi, con voce petulante e rotta dai singhiozzi:
- «Uèèèèè...uèèèè...lo dico a papà Israel, che mi hai urlato contro, e lui, il mio papà, vedi quanti missili ti tira addosso!»
Qui finisce male: non salviamo nè...Barack, né burattini!
Obamba non c'ha lungimiranza, ma solo lungimiraggi!
Io, secondo me...01.02.2010
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