lunedì 1 febbraio 2010

lungiMiraggi

Era un gran puttaniere, inutile negarlo: al primo sventolare di femminile piumaggio andava in trifola;
era giovane, e ci mise del tempo a formare la crosticina che, indurita, doveva diventare tempra di polpa d'acciaio, piastra d'armatura;
era bello, fotogenico, sprizzava salute, vitalità, voglia di fare, entusiasmo, un vero modello.
Trascinava, non spingeva: non aveva bisogno di muovere le masse con il bastone e le baionette;
incantava, come il fiabesco pifferaio di Hamelin, che quel che fece questo, ammaliando e portando con sè tutti i topi della città, lui lo fece con le genti, non solo del suo paese.
Aveva carisma, che è uno dei doni più belli che si possano avere per grazia divina.
Oltre cortina, quella di ferro e in tutti i paradisi del "sol dell'avvenire", i cespugliosi occhi, le creste e le placche d'antichi dinosauri, lo studiavano, cercavano il punto debole, pronti ad azzannarlo, facendo tesoro di secoli di abitudine alla lotta, in un ambiente dove la selezione della specie era alla massima esasperazione.
Si, pensarono: poteva essere ghermito con facilità;
era avventato, si faceva trasportare da chimere, credeva nei sogni e, per rettili abituati agli agguati nell'intrico e nelle tenebre di una foresta fitta, umida e nebbiosa, non c'era da fare che quello per cui erano programmati: divorarlo, inghiottirlo, che non c'era neppure bisogno di lunga masticazione.
In effetti, il nobile JFK, altrimenti detto John Fitzgerald Kennedy, trentacinquesimo Presidente degli Stati Uniti, aveva iniziato con un filotto di cazzate impressionante.
In Vietnam, quella guerra-pantano dove l'America si trovò come la mosca sulla carta moschicida, il JFK, voleva contenere la muscolarità di un comunistardo Vietnam del Nord, anteponendo il buono, del Sud, dopo aver cercato di convincere questi a plasmarsi ad "immagine e somiglianza" di una nazione stabile e democratica;
L'allora Presidente del Vietnam del Sud, Ngo Dinh Diem, gli diede corda, ringraziò la provvidenza di avergli mandato un babbeo simile e continuò a farsi i cazzi propri, giocando molto di facciata e poco di sostanza;
quando ci furono le elezioni, fu permesso solo un candidato all'opposizione e i brogli elettorali lo misero subito fuori gioco.
Ngo Dinh Diem riteneva demenziali le idee di democrazia, da applicare su un governo e in una nazione vietnamita ancora giovane e instabile;
e poi, s'intrallazza meglio se il manico del coltello lo tiene uno solo.
E qui, il bel John ci restò invischiato, mazziato e cornuto.
Seconda cappellata magistrale: l'idea di togliere il cadreghino da sotto il culo del Fidel, il Castro, leader socialista del governo di Cuba.
Ecco il nostro implume e sfigato JFK sostenere, sovvenzionare e benedire un tentato sbarco, nella Baia dei Porci, in cui 1.500 cubani anticastristi furono sconfitti dalle forze regolari cubane.
Mazzolata pazzesca e figuraccia di merda.
Peggio.
Il Fidel, incazzato come una biscia, alza la posta e poco ci mancò che divenisse il nuovo Gavrilo Princip, pietra focaia della Terza Guerra Mondiale.
Il 14 ottobre 1962 gli aerei spia americani fotografarono un sito cubano dove era in costruzione una base missilistica sovietica.
Se gli Stati Uniti avessero attaccato il sito, avrebbero dato inizio ad una guerra nucleare con l'Unione Sovietica;
facendo nulla, avrebbero avuto una spada di Damocle nucleare nella propria testa e dato l'impressione di un budino, una nazione gelatina, agli occhi del mondo.
Krusciov, padrone della tastiera missilistica russa, guardò in faccia quel ragazzino, e decise che, sì, forse se la sarebbe fatta sotto e avrebbe incassato senza reagire, come i bambini che si nascondono timorosi della punizione.
Kennedy ordinò il blocco navale dell'isola.
Le navi russe arrivarono a muso duro, il mondo tremò come non mai, poi il buon senso - o attenti calcoli su perdite e guadagni - pose termine a quel gioco al massacro.
Il "bambino" imparò e cambiò scenario; nuovo gioco: il mondo.
26 giugno 1963 visitò Berlino Ovest: memorabile fu quel discorso, contro la costruzione del Muro maledetto che divideva le due città.
Magistrale il suo "Ich bin ein Berliner", salutato dai berlinesi e dal mondo libero con una grande ovazione.
E poi, sulla luna!
Kennedy ottenne il finanziamento del Programma Apollo, per portare l'Homo Statunitensis sulla Luna entro la fine della decade.
- «Abbiamo scelto di andare sulla Luna e di fare altre cose, non perché sono facili, ma perché sono difficili», disse.
Sei anni dopo la sua morte questo obiettivo fu raggiunto. Era il magico 1969.
Prima bambino, diventò adulto.
Sbagliò, ma poi capì cosa fosse la lungimiranza.
Tanto lasciò il segno che, l'immagine sua e della famiglia, valsero alla sua amministrazione l'appellativo postumo di "Camelot", il regno fiabesco e incantato della Tavola Rotonda, di re Artù.
Oggi tocca all'Obama;
bello, fotogenico, sprizzava salute, vitalità, voglia di fare, entusiasmo, un vero modello.
Ha iniziato pure lui trascinando e incantando, tanto che gli hanno firmato cambiali in bianco e fatto credito, da subito dandogli il Nobel per la pace, quando ancora l'America non se la può permettere.
La storia si ripete: altri cespugliosi occhi, creste e placche d'antichi dinosauri, lo studiarono, cercando il punto debole, pronti ad azzannare.
Si chiamano Ahmadjnejad, il bombarolo, oppure Binladensis generation, o Hezbollah animals, macelleria Hamas e frattaglie varie.
L'hanno palpato, auscultato, testato, lisciato per il pelo e contro.
- «Mò questo ce lo mangiamo!», hanno concluso.
Ognuno ha continuato ad affilare le proprie lame;
Ahmadjnejad, dopo averlo degnato di uno sguardo sprezzante, continua lo scodellamento di brodaglia nucleare.
- «Stò fighetto mi fa un baffo!»
I giovani di Teheran si ribellano a votazioni taroccate, dove il nanetto imbroglione l'ha fatta da padrone;
da mesi questi ragazzi muoiono in piazza, senza che neppure una vocina da pigolino nasca da quel Barack d'Obama.
Leggo, da Il Foglio del 29 gennaio:
"Ali Zamani e Arash Rahmanpur sono stati impiccati con l'accusa di essere 'mohareb', nemici di Dio; sono le prime vittime della stretta annunciata da Khamenei e Ahmadinejad subito dopo le manifestazioni della Ashura [...] regime che ha gia condannato a morte altri nove oppositori. L'accusa di essere nemici di Dio [...] intollerabile come motivazione di pena e ancor più di morte, è anche uno strumento repressivo micidiale: per essere elevata non necessita infatti di nessuna prova, di nessun riscontro materiale. E' un puro reato di opinione, ma in Iran porta alla forca".
Al Barack, poverino, già c'avevano risposto, in altre occasioni:
- «Fatti i cazzi tuoi e a casa tua, che qua comando io e so come tratttare il mio gregge!»
L'Obama è impallidito, come il Michael Jackson, quel di colore che si era sbiancato, con la scolorina, perché non stava più nella pelle.
Cerca di riprendersi:
- «Guarda che ti vedo, sai, che stai continuando a preparare i calderoni per la reazione nucleare; stai attento che non va bene!»
L'Ahmadjnejad lo guarda minaccioso.
- «Perché: sennò, che mi fai, la bua!?»
Il Barack alza le mani, a proteggersi, e comincia a frignare, poi, con voce petulante e rotta dai singhiozzi:
- «Uèèèèè...uèèèè...lo dico a papà Israel, che mi hai urlato contro, e lui, il mio papà, vedi quanti missili ti tira addosso!»
Qui finisce male: non salviamo nè...Barack, né burattini!

Obamba non c'ha lungimiranza, ma solo lungimiraggi!


Io, secondo me...01.02.2010