lunedì 24 novembre 2008

Il cerchio...e le botte

Un colpo al cerchio e uno alla botte: non è il tentativo di cercare una mediazione, un punto d'incontro, ma di rompere l'uno e dare le altre.
In tutto il mondo i cristiani stanno arretrando - e dove no, morendo - sotto i colpi di bastone, di fucile, di machete o bruciati nelle loro chiese e case;
improvvisamente diventano capri espiatori d'ogni nefandezza, assumendo il fango e la merda di chi sguazza di e per sua causa: ma qualcuno di comodo ci deve essere, da dare in pasto ai leoni, ad allontanare responsabilità proprie di locali e indigeni despoti, tiranni e teocrazie fanatizzate, nel pieno menefreghismo della sacralità dell'altrui vita e che essere donna è metà di un mondo che si completa con l'altro mezzo, non una cosa interrotta e mai finita;
la cancellazione di alcuni degli assunti più irrinunciabili e universali poggia sul filo della lama e un'elaborata ricostruzione di un dio padrone e del suo macellaio, dove pochi mangiano carne e il resto ne sono i fornitori.
C'è una regia, che si muove a più livelli, dove il locale trova anello di raccordo con un disegno mondiale, demenziale ma percepito come fattibile, non tanto perché si è più forti, ma sono gli altri ad essere deboli.
L'Occidente - l'Europa in particolare - pare un gigante rincitrullito, un pugile suonato, che incassa colpi da fuori e da dentro;
anzi, è proprio dal suo interno che nascono i mali e le febbri perniciose, che ne debilitano struttura e forza.
Eccoci ad usare un repertorio trito e ritrito, fatto di punti e cuciture bizantine, ricami e orpelli invece che indossare la corazza con borchie ed anelli;
ci mettiamo a pancia all'aria, come i cani, presentando il collo all'avversario, fidando che rispetti un rituale dove tanto basta a fermare le zanne, prima che forino la giugulare, ma le regole sono cambiate e, dall'altra parte, non si capisce perché risparmiare un avversario che domani potrebbe rinsavire e capire che non è nato per essere pecora.
Non siamo più capaci di riconoscere e marcare il territorio, a tracciarne nettamente i confini, il minimo indispensabile alla mia, alla nostra, di vita ed esistenza.
L'avversario c'ha infilato la cannuccia e succhia, a prosciugare un bicchiere già mezzo vuoto: ingrassa con il nostro, di lardo, e noi stiamo per fare la fine del maiale, di cui si usa tutto e non si butta niente.
Come delle tarme, si sono infilati nel nostro, di tessuto;
pazientemente hanno aspettato nell'ombra, a non compromettere la schiusa delle uova, e poi, ad usare la tecnica del salmone: il numero giustifica i mezzi, a passare dal vorrei al voglio, dalla vulnerabilità della mosca bianca allo sciame delle cavallette.
Dove non direttamente, eccoli a cavalcare con babbei, bamba, babbioni e buonisti a tutti i costi e immancabili "compagni" di merende, gemellati nel credo del terrore, come insegnato dai sacri testi di novant'anni fa, scritti dai profeti Lenin e Stalin, "hadit", suggerimenti e consigli poi passati a "garzoni di bottega", come Mao Tse-tung e Pol Pot e bestiario simile.
Dove si può, olio di ricino e clistere: dove ancora impossibile prendere alle spalle, lavorare ai fianchi.

- «Non sono tutti così; buoni e cattivi ci sono dappertutto. Basta allarmismi, che anche la Chiesa, ai tempi...»,

e via amenità di questo tipo, a triturare l'ovvio e ad usare la famosa media del pollo - uno a testa, anche se c'è chi ne mangerà due e chi nessuno - e non valutare i pesi, che basta uno con il bastone per menare la mandria al pascolo.
Delle pecore non mi preoccupo: del pastore, sì !
Ed ecco che a questi si contrappone l'autorevolezza di Chamberlain combinata con il coraggio di Don Abbondio:

- «Signori, ecco tarallucci e vino: parliamone».

Un Papa, sbeffeggiato e ridicolizzato da satire che, fatte dall'altra parte farebbero perdere letteralmente la testa, eccolo a raccogliere una bella tavolata, all'insegna del "Volemose bene";
addirittura eccolo a gomito con alcuni spiriti "illuminati", sapienti di cose "islamusulmane", traduttori del discorso di Ratisbona dove, questi eccelsi interpreti, trasformarono mela in pera, un "quello disse" in "lui dice", che quasi sembrava imminente una guerra mondiale per colpa - o volontà - del raglio di simili somari - che chiamarono a raccolta i simili - ed ora ai lati del Pontefice, ma non per Natale e non per il Presepe, unica concessione alla presenza di buoi e ciuchi.

Ecco Gesù riconosciuto sottoprodotto, surrogato dell'amato profeta Maometto, così come la Bibbia passa a fare da spalla al sacro Corano, sigillo della profezia, "l'ultimo" - che sarà letto come "il vero" - dei libri inviati da Dio per guidare e salvare l'umanità;
ecco chi "chi sta sopra e cosa", con un Papa cameriere, a portare lista di pietanze che non prepara, ma serve.
Come per Ratisbona, è la traduzione che farà la differenza, e non basta preparare uno scritto con due versioni, che sarà la capacità di trasformare i propri guitti in attori, a fare la differenza;
e il prossimo incontro lo giocheremo s fuori casa, e faremo la fine della pasta di Alberto Sordi, nel film "Un Americano a Roma":

Maccarone, m'hai provocato ? E mo me te magno !"

Aggiungiamo al piatto il contorno: il rappresentante dell'apostolo Pietro, è pure attorniato da non uno ma tanti Giuda, che mangiano nel suo piatto e intanto ammirano quanto più sono grassi i polli del vicino;
Cardinali e porporati sono ad invidiare i bei tempi, quando al passaggio la gente si scappellava, era timorata di Dio e dei suoi rappresentanti in terra;
ora non più, che sono scostumati e irriguardosi, ma guarda come diverso dall'altra parte, che i loro, di sapienti, sono portati in palmo di mano.
Fosse solo tra gli incensi, ancora sarebbe accettabile l'assestare martellate sui propri attributi, sperando arrivino allo spessore dell'invidiato vicino, ma no, che anche l'"Intellighenzia", i cosi detti intellettuali, sono ad offrire il proprio masochismo alla verga del sadico.

- «Sbagliato operare contro i teorici della spiritualità islamica, come Khomeini o Ahmadinejad [...] discriminazioni religiose, moneta corrente del pensiero unico Occidentale [...] miscredenti che parlano di valori e non tollerano di vedere altri, i musulmani, che sono capaci di fermarsi e di pregare mentre noi non ci riusciamo più [...] invece di starnazzare attorno alle moschee, non sarebbe meglio chiudere le discoteche ?»

Chi santifica Khomeini, che mandò a sminare il terreno migliaia di bambini, durante la guerra con l'Irak, e indora Ahmadinejad, disposto a perdere MILIONI dei suoi, pur di cancellare l'intero popolo di Israele, è Pietrangelo Buttafuoco, scrittore e giornalista siciliano, che s'immalinconisce al cospetto di questi "giganti" del pensiero cui nulla abbiamo da confrontare.
Addirittura ecco l'avvoltoio, l'ayatollah, il Ruhullah Musavi, sconfina nella magia e nella stregoneria, che vide in anticipo la caduta dell'Unione Sovietica.
Ciumbia, meglio del Donascimiento di Vanna Marchi, l'imbonitrice televisiva che vendeva pozioni miracolose, talismani, guariva da malefici, malocchio, fatture e macumbe, alleggerendo pure pance e portafogli con alghe dimagranti.

- «Bisogna scavare all'indietro, recuperare i valori, la tradizione, come materia viva; e Petrarca, Galilei, Leonardo...»
E Khomeini.
E Ahmadinejad.

E allora, caro Pietrangelo Al Buttafuoc, perché non appoggiare il ritorno della disciplina, dello studio e del lavoro nelle scuole, lo scacciarne la "genitorialità politicizzata", gendarmi che rompono i coglioni ai professori, che guai a toccare i loro poveri e innocenti "bambini", che poi usano sin dalle elementari, da mandare avanti nei cortei, come Hamas con i suoi ?
E riappropriarsi di pari autorità nella famiglia, dove sia chiaro che sono i genitori a tenere la manetta del manovratore, e non ostaggio di piccole pesti, bulletti anzitempo ?
E quando a scuola, se danneggiano, spadroneggiano, pretendono e vogliono, ne siano cacciati, a permettere ai meritevoli di proseguire, senza zavorra, lasciata a terra, ad imparare che chi sbaglia paga ?
E a dividere il grano dal loglio, a far sì che i grattapancia e i grattaculo non si sentano migliori perché più furbi, in rapporto a chi onestamente lavora e non perde tempo ?
Al Buttafuoc parla di tradizioni:
come quelle non riconosciute da quella Costituzione Europea, così già evirata in nascita, quando rinuncia alla sua stessa identità e provenienza, che è come pretendere che viva un fiore senza più radici.
O i Crocefissi, il Presepe, le campane, il Natale e ogni simile, che non hanno mai invaso la nostra parte laica o critica, ma testimone di una continuità, tra i nostri vecchi e i figli, loro eredi, per terra e storia.
Che chi entra in casa mia per spogliarmi, se ne ritorni al paese, che qui non ce lo voglio;
e chi resta, sia benvenuto perché arrivato da dove stava peggio, resta ospite, non proprietario,
e se tanto vuol essere poi cittadino, impari lingua e storia, gli usi e i costumi, che non si ama ciò che non si vuole comprendere ma, essendo egli nella mia dimora, non sono io a dover imparare prima di lui.

E quando dimostrato di non essermi nemico, sarà un piacere dirgli:

- «Benvenuto nella mia dimora, nel mio cuore...amico mio: ORA sediamoci, ti ascolto».

Caro Al Buttafuoc, lascia stare il prato del vicino e cura il tuo;
C'hai scritto un libro, sputando nel piatto, ma ti rispondo con una frase che hai già sentito:

- «Non chiedere quello che il tuo editore può fare per te, ma quello che tu puoi fare per il tuo Paese».

E smettila di pisciarti e pisciarci addosso !


Io, secondo me...24.11.2008

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