- «Se lo conosci lo eviti, se non lo conosci è meglio».
Vero.
Quanta verità in una stringa di poche letterine, ben allineate come soldatini;
peccato che, talvolta, anche conoscendo il pericolo, è quello che prende una rotta di collisione e ti punta.
Sono qui a fare il Don Chisciotte, a combattere - lo so, purtroppo, che non ho spessore e forza per fare null'altro - contro i mulini a vento, che certi giochi furono e sono fatti, e nulla potrà cambiare l'ordine delle cose, men che meno una voce come la mia, che cadrà in un deserto desolato;
ma lo voglio, per ricordare un uomo e l'ingiustizia che lo colpì, e a nessuno è concesso di restarne fuori, di esserne immune, fino a quando certi personaggi, incapaci o rapaci, restano in giro;
e lo devo, santiddio !
Sì, lo devo: alla mia coscienza, al mio concetto del vivere, al rispetto per me stesso e al prossimo, all'ingiustizia, che c'è e ci sarà sempre, alla mia faccia, ma se devo sopportare, mai da rassegnato: lo farò da uomo, in piedi, rispondendo allo sputo con poca saliva che ho.
Brutta cosa non avere mai imparato a pensare ai cazzi miei, a prendere precauzioni seguendo logica e filosofia del "vivi e lascia vivere".
Era il lontano 1983 quando delle toghe raccogliticce e dilettantesche, per metodi, modi e capacità, suonarono le trombe mediatiche, al grido di:
- «Eccolo, il nome: sull'agenda di un camorrista ci sta il numero di telefono di Enzo Tortora !»
Ecco che quel galantuomo è subito preso, non prima d'aver comunicato l'arresto ai mezzi d'informazione, di modo che telecamere e cronisti siano a testimoniare l'evento, di un uomo svergognato e menato come il bue al macello, con le manette ai polsi bene in vista, a dimostrare la muscolarità di una nuova legge: quella di toghe sporche, ambiziose e con la voglia d'apparire, d'essere illuminate dalle luci, che quello scuro pareva loro come il dimostrare il grigiore che si portavano appresso, come comparse in gramaglie, al seguito del solito funerale;
finalmente l'arcobaleno, la fantasmagoria del pastello, l'attenzione del mondo, l'inizio di sentirsi forti;
quaggiù, come in cielo, ecco: Deus in terris !
Per sostenere tutto quel castello di carte, che permetteva alle nuove divinità di stare sospesi ad altezze da vertigine, sopra i comuni mortali, eccoli " adattare" forme che ne accreditarono i deliri, il mantenere quel potere e la luce che li faceva brillare, traendoli dall'ombra perenne da dove venivano;
i tessitori, gli sceneggiatori e chi scrisse le trame, i magistrati di allora, depositari dell'inchiesta, furono: Felice Di Persia, Lucio Di Pietro e Giorgio Fontana.
"Attrezzi" da scasso furono i pentiti Giovanni Pandico e Pasquale Barra, che iniziarono il giochino, accusando Tortora, poi arrestato il 17 giugno 1983 in una vasta operazione anticamorra.
In seguito si aggiunse ai delatori Gianni Melluso.
Melluso, che più aveva da guadagnare che perdere, si divertì un mondo poi, come un bambino annoiato del balocco, lasciò, ammettendo d'aver costruito un "teorema" contro quel povero disgraziato e che ai magistrati fece comodo credergli;
Prima condannato a 10 anni, Tortora fu poi assolto con formula piena.
Enzo non si riprese più e morì, nel 1988, per un cancro ai polmoni che cominciò a consumarlo in carcere !
Prima di spezzare lancia in favore di "toghe sporche", cercando di spalmare il classico lenitivo - "errare humanum est", commettere errori è umano - faccio parlare per l'avvocato del povero Enzo, Raffaele Della Valle:
- «[...] ci fanno vedere quell'agenda, e scopriamo che il numero di telefono non è quello di Tortora. Dalla Sip veniamo a sapere che è di un certo Tortona, commerciante di generi alimentari [...] non avevano neanche fatto un controllo che poteva fare chiunque !»
Dilettanti, dilettanti allo sbaraglio...anzi, no: allo sbaraglio fu la vita di Tortora !
L'animaccia e la coscienza sporca non bastò ad incenerire la carriera di simili nullità accusatorie e principianti dell'investigazione che, anzi, ne ricevettero gratifiche: è cattiva abitudine, nel nostro paese, spostare le patate bollenti in contesti meno caldi, promuovendoli, in barba ai danni e all'incapacità dimostrata.
Ci si potrebbe anche accontentare, che l'oblio può alleviare in parte il bruciore d'antiche cicatrici, ma...
"...perseverare autem diabolicum", perseverare - nell'errore - è diabolico.
Si riaprono i sepolcri e una mummia, prontamente sbendata, è ricondotta alla luce: Lucio Di Pietro.
Eccolo, davanti alla prima commissione del Consiglio Superiore della Magistratura, convocato al Palazzo dei Marescialli, in quel di Roma, per le audizioni sul "caso De Magistris":
De Magistris è quel magistrato cui hanno cercato di strappare e fare in piccoli pezzi una sua inchiesta - "Why Not" sul finanziamento illecito ai partiti, truffa e abuso d'ufficio - che rischiava di frantumare la presunzione e la pretesa di un ventilato primato etico che una certa classe politica, sbandierando superiorità morale e culturale, ora si scopre in altezza solo perchè poggiata su una montagna di letame.
Ma questa è altra storia.
Bene, anzi: male !
Scopriamo che il Lucio è "nientepopodimenoche" procuratore generale di Salerno !
E allora, andiamo a rivangare nella melma e nel pattume, a capire come può essere, da uno dei protagonisti, simbolo di una inchiesta che si rivelò uno dei più gravi e infamanti errori giudiziari della storia italiana, frutto di sciatteria e gravi omissioni;
Con alle spalle uno "stupro" di tal fatta, il nostro eroe salì le scale dell'Olimpo:
nel 1992 è eletto coordinatore della superprocura di Napoli;
l'11 gennaio dell'anno successivo, diventa sostituto procuratore della Direzione Investigativa Antimafia;
nell'agosto 2005 diventa procuratore nazionale Antimafia aggiunto, invece del procuratore di Palermo, Piero Grasso, per meriti di...anzianità, per finire, come detto prima, alla procura di Salerno.
Niente male, che pure oggi è a sostenere di non avere mai fatto un passo senza prima accertare tutto il possibile.
- «[...] il numero di telefono non era quello di Tortora ma di un certo Tortona [...] non avevano neanche fatto un controllo».
- «Se lo conosci lo eviti»;
e già: i rapporti, con simili figuri, dovrebbero essere rigorosamente...protetti !
In memoria di una persona onesta, del caro Enzo Tortora,
e di tutti quelli come lui, non caduti sotto i colpi della mafia, ma di un'altra lupara: quella dell'ingiustizia che, questa sì, è uguale per tutti !
Io, secondo me...11.12.2008
giovedì 11 dicembre 2008
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