venerdì 19 dicembre 2008

Giri di giostra

Oggi voglio invitare l'errante, che dovesse incappare nel mio scrivere, a fare con me alcuni giri di giostra, sperando di fare come i guitti che un tempo si esibivano sulle piazze e passare, al fin della fiera, con il cappello o la scodellina a raccattare qualche cosa per il companatico.

Io mi accontenterò di chiedere aiuto e il passaparola, a far nascere una creatura !
Questo, al termine: non barate, non andate a leggere il finale.

Ma, iniziamo: accomodiamoci sul seggiolino, che vi farò girare;
se ci riesco, pure le balle, che l'arrabbiatura almeno sarà segno che ancora abbiamo da spendere per noi.


Le pulci seguono il cane:
come per la migrazione dei popoli, è legge di natura che ognuno s'attacchi alla dispensa.
Ogni pasto si trascina appresso, quando va ancora bene, dei parassiti, che almeno s'accontentano di rubare solo una parte del nostro, per lavoro ed energie;
diversamente, i predatori: vogliono spolpare, perché è vicino all'osso che il prosciutto è più dolce.
Da ogni dove sono arrivati a noi, sulla porta di casa, dal cielo, dalla terra e - i più disgraziati - dal mare:
sono i migranti e, in special modo, per l'argomento che vò a trattare, musulmani, che dall'Islam accogliamo e ospitiamo.
Ad anticipare la replica degli inventori dell'acqua calda, sono a dire che non mi preoccupa la maggior parte di quelli, che qui ci sta bene perché in fuga dal peggio e sarebbe assurdo lamentarsi e sputare nel piatto dove si mangia quando, da dove arrivati, lo sputo l'avevano in faccia.

- La maggior parte è brava gente, lavora e pensa ai fatti propri, e poi, ne abbiamo bisogno»,
è il dire Cardinal porporato all'ultimo dei pappagalli di Lapalisse da cui "lapalissiano", ad indicare affermazione di cosa ovvia, derivazione dell'ironica canzoncina:
«Ahimè, La Palice è morto / è morto davanti a Pavia / ahimè, se non fosse morto / farebbe ancora invidia».

Bene, non mi curo e parlo del cane, ma delle pulci; non delle pecore ma dei lupi:
al branco e in groppa ai disperati, al pelo e agli stinchi, si sono aggrappati queste e quelli.
In quale stalla menare la carne e fattrice di vitello e latte, se non - dove possibile - le Moschee ?
Sempre per i cultori dell'acqua calda per la vasca di Lapalisse: non tutte, ma quante bastano ad indottrinare all'uso del moschetto che della parola.
Troppo chiedere che diventino tutte, se non di cristallo, cristalline ?
Troppo chiedere che si predichi in italiano, che è il minimo pretendere di conoscere e usare per capire o capirsi a vicenda ?
Forse che si chieda siamo noi a dover imparare l'arabo ?
Troppo chiedere che gli imam siano trasparenti e rispettosi, e non a berciare che noi siamo brutti e sporchi, scimmie, cani maiali, infedeli e tanto più, quasi si fosse contenitori di raccolta differenziata, comunque rifiuti ?
Troppo rispedirli al paesello, quando continuano nel triturarci gli zebedei con l'unguento dell'odio e la soda caustica ?
Se mi gratto simili piattole dalle sacche dello scroto sono razzista, xenofobo, fomentatore per l'estinzione del Panda ?
Se m'incazzo al lancio del Crocefisso dalle finestre, dalla cancellazione del Presepe, dalle vesti del Natale e mi vergogno delle parole delle canzoncine che l'accompagnano e non suono le campane per non urtare la suscettibilità di simili personaggi, sono un becero tracciatore di confini da ghetto o nostalgico dei campi di concentramento ?
Mi dispiace, ma simile teppaglia la uso come batacchio della campana, asino per il Presepe e piedistallo per la Croce.
Ah, piccolo inciso: nel ghetto ci stiamo noi;
ci siamo rinchiusi da soli spogliandoci d'ogni referenza e riferimento, a non essere più né carne né pesce, ad aver venduto progenitura per un piatto di lenticchie e dilapidato l'eredità dei nostri antichi padri.
- «Da dove veniamo? Che siamo? Dove andiamo ?», erano le grandi domande dell'umanità;
oggi, ruderi di un...tempio che fu, grandezza, storia e maestà, eredità dissolta da involuti trogloditi che, alla domanda hanno dato soluzione; da, che e dove...risposta: nulla.


Altro giro di giostra.

Siamo in ginocchio: lo siamo per il relativismo e l'anarchia con cui abbiamo rincorso il piacere, l'applicare "meglio un giorno da leoni che cent'anni da pecora" o "pochi, maledetti ma subito !", il "meglio un uovo oggi che la gallina domani" e l'azzardo, d'accettare il rischio nella speranza che il cerino, alla consumazione, rimanga e bruci in mano ad altri.
Per le cicale è arrivato l'inverno, e siamo a piangere perché: "Bambole, non c'è una lira !".
E già, i valori stampati sulla carta ci hanno portato a...rotoli, tanti piani di morbidezza per detergere un sistema cinico ed egoista, dogma e dottrina di sacerdoti con la faccia come il culo !
Valori, come le puntate del Poker, dove però qualcuno ha deciso di vedere, scoprendo il bluff, per noi che si pensava di rischiare solo i fagioli usati per coprire la casella della Tombola.
Ecco perso tutto: radici, personalità, dignità, rispetto, autorità, pulizia morale.
E come si può avere ancora bronzo per la faccia persa, ad evitare che ce la insaponino con il catarro e la passino con lo strofinaccio.
La famiglia va a pezzi, così la scuola, sbriciolate e minate dalle polveri di un credo sinistroide specializzato alla demolizione e alla ricerca del potere, in distillato puro, ma incapace, per scuola, cultura e moralità, a costruire.
Beh, in quanto devastatori, hanno fatto un buon lavoro, del loro peggio.
L'aver purgato l'intestino non ci ha impedito d'esser stati ridotti a larve di noi stessi.
Siamo deboli, febbricitanti, inermi, indifesi.
Depressi.
Resa.
Rassegnazione.
Come durante la ritirata di Russia, storia di nostri coraggiosi ragazzi mandati al macello per dar modo al fascio d'essere bauscia e menare vanto: era così bello, suadente, invitante e liberatorio il concedersi al sonno del generale inverno, che era sì l'anticamera della morte, ma volete mettere quanto dolce.
Si diventava ghiacci, in piedi, seduti o accovacciati, che se poi ti toccavano, pezzi di te si staccavano, come per le delicate statuette di porcellana: racchiusi nella neve, come a Pompei dalle ceneri vulcaniche o per gli antichi sauri, cementati e mineralizzati nei sedimenti, vecchi di milioni d'anni;
questi sono gli elementi, gli "stampini", come quelli usati dai bambini sulle spiagge, "formine" e gusci che la natura utilizza per fare calco delle nostre carcasse, come le immagini in terracotta degli antichi dei, che si credeva legate ad ogni vivente ed usate dalle divinità per giocare e giocarsi quei pezzi, come fossero parti di un'eterna partita a scacchi ove, dal capriccio o per incapacità dei giocatori, noi si poteva finire mangiati, fuori gioco.
Stecchiti.
Abbiamo bisogno di una cura ricostituente, di battere nuova moneta, non più di carta, ma d'oro, con inciso nella carne il, anzi, i valori:
"Verità e Libertà"; "Fede e Ragione", "Valori e Regole".

Ultimo giro di giostra.

Magdi Cristiano Allam: un uomo, una testimonianza, la sua vita da anni sotto i nostri occhi, un'anima di vetro trasparente.
Può piacere o non piacere, ma tra il suo dire e il fare non ci sta di mezzo il mare.
L'esempio di una crescita, come uomo, come pensiero, come maturità, come coerenza.
Ha detto: «Io credo», a Dio - che può essere personale - ma anche in quei valori che sono l'universale e vero collante d'ogni società evoluta.
- «Musica già sentita, moneta già spesa, ormai svalutata» ribatteranno sicuramente alcuni dei "ritirati di Russia".
Giusto. Ma non consumati per l'abuso !
La parola magica risiede in un primo atto di fede, nel non vergognarsi di spendere ancora quella parola:
- «Io, noi crediamo !»
La resa è per i morti.

Mi rivolgo ai vivi.

Aiutateci, aiutatemi, a permettere che questo neonato partito, con un padre amoroso, possa venire alla luce, crescere e dimostrare il proprio valore, o scomparire, se non poi all'altezza.

Si chiederà prossimamente una firma, non per averne tessere - che, chi la vorrà è benvenuto - ma quel sigillo sarà a sancire che, sì: c'è una base, lo si vuole, si vuole che il piccolo possa lanciare il primo vagito.

Chi vuole, chi può, io prego: date, dateci un'opportunità; divulgate e fate conoscere, e se non sarò e saremo ad onorare la vostra benevolenza, sarò il primo ad offrire il muso e il posteriore ai calci.

Ai "nemici" voglio dire: lo siamo e, magari lo resteremo pure avanti e forse divaricheremo, ma ci sono tanti percorsi per arrivare allo stesso mare.
Se non buoni amici, almeno resteremo buoni nemici, e chissà che non ci si avvicini con il rispetto, se non con le idee.

A voi, d'altra sponda, fede o credo, sono a domandare una firma, secondo la "regola" di Voltaire:
«Non sono affatto d'accordo con ciò che dite, ma mi batterò fino alla morte perché nessuno vi impedisca di dirlo».

Grazie, amici e nemici, per ogni goccia che potete aggiungere alla nostra borraccia.

Beppe, il Fontana.

Io, secondo me...19.12.2008 - http://www.beppefontana.blogspot.com/

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