martedì 26 luglio 2011

Cristialebano



Patate e meloni non rendono più come una volta, neppure se gli metti sopra tonnellate di fertilizzante;
forse il difetto era nel manico, dove non ci s’improvvisa fattore da un giorno all’altro e neppure basta una pistola o un fucile, ad allontanare i corvi che beccano le sementi.
Sarà perché la terra è bassa e bisogna piegare la schiena, sarà che fare il contadino non permette di cambiare il mondo ne rende ricchi, sarà che stare troppo sotto il sole prende la testa e che nella quotidianità non si vince sempre, come nei giochi di guerra;
sarà...ma forse no: Anders era storto di suo.
I meloni marcivano e le patate buttavano...e dove cavolo le metti sei tonnellate di concentrato di nitrato d'ammonio?
E il fucile...la pisola?
Il bel biondino dagli occhi azzurri c’ha un’idea grandiosa: con il primo ci fabbrica una bomba e gli altri due poi, per dare il tocco finale e battere ogni record, al miglior gioco di guerra che gli sia mai venuto, in barba alla monotonia di quelli virtuali, sulla noiosa "Playstation" con cui gli riusciva d'ammazzare solo il tempo.
Andar per quaglie era troppo scontato, che quelle ormai, come ogni cosa di riserva, sono talmente rimbambite che gli viene un colpo solo a fare «Bum!» con la bocca!
Come gli eroi di carta, di celluloide e della “Game Boy”, c’è sempre un cattivo da sparare, “atti atroci ma necessari” per salvare il mondo, nell’essere motivati, che “Una persona con un credo è forte come centomila, mosse solo dall’interesse”.
«Ciao mamma, ciao papà: sono contento di essere arrivato uno; ci vuole un fisico bestiale e io modestamente lo ebbi!», avrà detto il nostro “Terminator”, caduto sulla terra per fare l’Angelo Sterminatore.
Una bella bombetta ad Oslo, giusto per aprire le danze e cominciare con i fuochi pirotecnici, per dare l’avvio alla goduria, e poi via, ad entrare nel...vivo della festa!
La Norvegia è un bel paese: civile, educato, disciplinato, quasi da favola, dove i diritti sono tutelati all’inverosimile.
Vive come da noi ai bei tempi andati, quando i vecchi, con nostalgia, narravano di porte mai chiuse a chiave, che mai ci fu chi approfittò di tanta fiducia.
Dai pollai, i ladri di galline presto si accorsero che era da stupidi fregare uova e pennuti, quando da spennare c’era di meglio.
Dopo qualche casa svaligiata, presto ci si accorse che santa persona era il fabbro del villaggio, che sapeva mettere assieme grate e inferriate robuste.
Peccato che oggi, in casa, c’è entrato un assassino.
Sull’isola di Utoya, un qualunque Anders Behring Breivik, frangetta biondiccia e limpidi occhi azzurro mare, che assomiglia più al Principe Azzurro delle fiabe che ad un macellaio, invece che al piccione o al piattello, comincia a mirare alla nutrita schiera di ragazzi, che là si erano radunati in una sorta di “campus” estivo di rappresentanza laburista.
Ce n’erano a frotte: belle tortorelle da impallinare.
Anders, Il cavaliere solitario, che al posto dell’armatura indossava una divisa da poliziotto, inizia la mattanza: colpo in canna, carica, mira e spara... colpo in canna, carica, mira e spara... colpo in canna, carica, mira e spara.
Avanti così, per decine e decine di volte, in una defatigante tirata ai birilli che dura - indisturbata - un’oretta buona.
Ah, la Norvegia...cosa mai potrebbe succedere, in una società così perfetta, appagata, coccolata, in un mondo così paradisiaco...
Vorremo mica mettere un antiestetico presidio armato a guardia dell’ovile, nell’incantato e fiabesco mondo?
Sessanta minuti in cui il lupo ha fatto quel cazzo che voleva, semplicemente perché si pensava bastasse uno spaventapasseri o una sagoma di cartone a fare da deterrente.
La stupidità e l’imperizia hanno avuto più responsabilità nella conta dei morti, di chi li ha effettivamente freddati.
Non importa cosa o chi è Anders Behring Breivik: svitati e sbiellati come lui - purtroppo - sono universali, apolidi e spalmati in ogni dove: non sono niente, ma indossano uniforme del posto dove hanno scavato la tana.
La loro follia è ad orologeria, l’innesco, al fulmicotone.
Il cervello, una poltiglia, dove c’è di tutto e il suo contrario: Anders sogna un ritorno al cristianesimo rigido e ingessato delle origini, ma non disdegna la Massoneria, che a quello sta come il diavolo per l’acquasanta;
odia l’aggressività del suo opposto, quella del radicalismo islamico, ma ne scimmiotta le mosse e i modi, dove ritiene che la nazione non abbia palle per farlo e quindi costretto a compiere “atti atroci ma necessari” a causa di quell’impotenza;
ammira quelli che sono stati acerrimi nemici del nazismo, da Winston Churchill all’eroe combattente norvegese Max Manus.
Ma è tale e quale spiaccicato, anche nei tratti, all’aitante ed atletico - oltrechè spietato - Reinhard Tristan Eugen Heydrich, stupendo esemplare ariano della seconda guerra mondiale, governatore del Protettorato di Boemia e Moravia...il “Boia”.
Un apprendista, forse: un garzone di bottega magari, ma se n’avesse avuto il tempo...sicuramente a non sfigurare, a guadagnarsi pure lui la qualifica del “Magister” teutonico.
Forse le seghe mentali se l'è fatte da solo, forse s’è fumato il cervello in compagnia, ma è solo un povero pirla che non ha capito perché tante mosche gli volano attorno e che non sono loro a puzzare;
è solo questione di proporzioni, di misure e di grandezze: come Himmler, agronomo fallito o “mezzemaniche” mancato, che purtroppo trovò appoggio e una leva per sollevare il mondo e diventare sterminatore.
Anders Behring Breivik ha avuto la sfiga che patate e meloni della sua fattoria non hanno dato frutti per sentirsi appagato del suo fare.
Solo la mediocrità lo ha fatto agire in quel modo: per non sentirsi ed essere quel fallito che invece è.
Avrebbe voluto comparire in aula indivisa e trasformare il banco d’imputato in cattedra da predicatore.
Solo le mosche potranno apprezzarne sostanza, che quelle nella merda ci sguazzano.
Per il rimanente, è solo un povero esaltato “Cristialebano”.

Io, secondo me...26.07.2011