domenica 17 luglio 2011

La sagra del salame



«Maledetti, vi odio!»

Siete le zecche, siete le pulci, siete sanguisughe, siete piaghe bibliche, siete devastatori, siete esseri inutili, siete parassiti, siete le piattole d’Italia, pappataci, blatte…fate schifo!

Non esiste termine adeguato a descrivere la vostra razza;
nessuna sagoma può calzare sul vostro profilo, nessuna epidemia, nemmeno la peste di manzoniana memoria è in grado di provocare rovine pari alle vostre, nessuno come voi ha, in natura, migliore apparato succhiatore e, ove sì, almeno ci torna consolazione nel riuscire a schiacciarne tanti, dei malefici insetti.
Con voi no: siete indistruttibili, rinascete da ogni cenere, risorgete da ogni tomba in cui si tenti di sigillarvi, uscendone sempre, più famelici di prima.

«Siamo sul Titanic…si affonda…dobbiamo fare sacrifici, tirare la cinghia; popolo, di cielo, di terra e di mare…eroi, santi e navigatori: abbiamo dichiarato guerra agli sprechi, al grasso che cola dei bei tempi di vacche grasse!»

Peggio di quelli che girano a castrare i torelli, provetti “maestri di cesoia” sono a far servizio sui nostri, di “gioielli”, prendendoci per i fondelli e lasciandoci mazziati sul fronte delle corna.
Per noi, sangue, sudore e lacrime, nel momento in cui si chiede “oro per la patria”.
Siamo tanti e quindi nessuno deve tanto curarsi di dove mette i piedi: morta una formica ne arriva un'altra, mentre i grilli cantano, dando il ritmo, come quello che batteva il tamburo per dar mossa ai rematori, sulle galere;
qualora la nave affondasse, solo noi, con i piedi incatenati, saremo a seguirla nelle profondità, mentre quelli “di sopra” lasceranno lo sfortunato legno, come i topi, per cercare subito altro da infestare.
Questo sono: ratti, pantegane, figli delle fogne e maestri di rapina.
Mentre noi, miserie e miserabili, ai loro occhi, siamo a dividere pane, cipolla e tasse, quelli sono riusciti, nottetempo, a infilare e approvare, con manovra fulminea, un perfido disegno, che permetterà di legare la propria già lardosa paga a un sistema di leve, che ne assicurerà comunque continuo alzo. Solo per noi saranno i buchi nella cinghia, ammesso che poi, attorno, ci rimanga qualcosa.
Hanno brillantemente e genialmente aggirato ogni tentativo di “regolare” le creste del loro pantagruelico pasto, almeno nel volerne adattare boccone a stessa bocca di colleghi con pari compiti e gradi, che rappresentano elettori di altri paesi.
E non che ve ne sia qualcuno che muoia di fame.
Ma i nostri non demordono, che se “l’erba voglio non cresce neppure nel giardino del re”, da noi esiste, ma nei pascoli ruminano solo pigre e sterili vacche.

Una volta esistevano grandi uomini, condottieri e guerrieri, che crearono imponenti opere, arrivate a noi magari in rovinosi resti, bastanti però a farci immaginare quale fosse l’originale bellezza e grandiosità.
Oggi invece, abbiamo piccoli e insignificanti esseri: ambiziosi, vanitosi, presuntuosi, opportunisti, egoisti, esosi e voraci consumatori delle provviste dell’intera comunità, che ha disgrazia di ospitarli.
Dovunque si spinga lo sguardo, sull’intera e sfortunata penisola, esistono rovine;
ma non sono causa di terremoti, alluvioni o calamità naturali.
“Omuncoli”, si chiamano quelli che li hanno messi in piedi.
La loro nascita ebbe sempre festosi natali, suono di grancassa, di trombe e di campane.
Subito dopo, abbandonati.
Scuole, piscine, ospedali, palazzi, palestre, asili e quanto ogni ben di Dio si sarebbe potuto godere, se solo non fossero stati concepiti già per restare gusci vuoti, ma permettendo a un’elaborata filiera di ladri e approfittatori di sbocconcellarne, strada facendo, pezzo per pezzo, di tanto ricco ripieno di quattrini pubblici.
Piccoli ladroni crescono e arrivano in alto, avendo ben scritto nei cromosomi le regole della propria dannata stirpe.
Come nel vedere i maiali in corsa al trogolo, nel quando si spingono, si sgambettano e litigano, mai però sull’abbondanza delle razioni, che li vede ingrassare già puntandone occhio.
Spero venga giorno di festa anche per noi, a poter banchettare alla tavola di Crapulone e poter dire a quelli che, sì, ci sono costati cari nel crescerli ma, alla fine, c’han dato soddisfazione, nel vedere tanti bei insaccati.

«Maledetti, vi odio!»

Fino alla sagra del salame.

Io, secondo me...17.07.2011