lunedì 18 luglio 2011
Povera stella
Povera stella, lei non voleva;
povera stella, che l’hanno raffigurata così
povera stella, l’hanno usata, ricattata, minacciata;
povera stella, che vorrebbe ricucire.
Stanca del vecchio mestiere, ricco d’entrate ma usurante, d’essere “Ifigonia” di goliardico ricordo, eccola sartina, con ago e filo, a voler rimediare verginità e rapporti;
a rinnegare e rimangiarsi verità di ieri per riadattarne variante oggi.
«Non sono cattiva, è che mi hanno disegnata così» piagnucola la novella Jessika Rabbit.
“Patty” D’Addario, in arte, anche Alessia, Ivana o Alessandra, oggi stagionata “over 40”, si accorge che, per l’ennesima volta, ma gratuitamente, l’hanno presa per i fondelli.
“Giuda” D’Addario scoccò il velenoso bacio, che marchiò la vittima di turno con stampino di puttaniere.
Gola profonda, armata dell’inseparabile registratore, sfiamma le penne dei tanti polli;
quanti, cascati nella rete delle sue calze, dopo effimera assunzione in Paradiso, si sono ritrovati precipitati all’inferno, dovendo cancellare tracce d’augello, a che non sappia la moglie cornuta il perché del soffrire di tanta fastidiosa emicrania.
«Non mi sono mai separata da quel prezioso apparecchio: era il mio angelo custode. Ho sempre registrato tutto. Non ho mai smesso. La mia casa è invasa da documenti.»
Dice di non averli mai usati contro nessuno.
Un’innocente forma compulsiva, una candida, disarmante e inoffensiva forma di raccolta, come quella dei francobolli o delle monete.
Ci credo, come a Gesù Bambino e a Babbo Natale.
Ma alla Befana sì: lei ha portato doni ai giornalisti e magistrati, che di quei regali avevano bisogno per i propri giochi.
«Berlusconi ha ragione, quando afferma che certi magistrati lo perseguono ingiustamente e lo colpiscono nella vita privata, per cancellarlo da quella politica.»
Ma va là? Guarda te, che non ce n’eravamo accorti!
Povera stella: le hanno ciucciato il midollo, per poi sputarne l’ossobuco.
Povera stella, costretta con la forza.
«È peccato. Dio non vuole: andrete all’inferno!»
Povera stella;
ha sudato una vita facendosi un c…paiolo grande così, perché sua figlia potesse, con orgoglio, vantare d’essere figlia di tale operosa madre, ed ecco:
«Ora si vergogna di me. Non la vedo da un anno.»
Brutta cosa essere una figlia di Patty.
Povera stella.
«Sono stata presa in giro: mi dicevano che sarei diventata famosa, che avrei guadagnato denaro da libri e interviste, Invece non ho preso un soldo. Sono stata distrutta e rovinata da chi è pronto a usare persone fragili e sfortunate come me. Adesso che non servo più mi hanno abbandonata.»
Povera stella, che ha finito i trenta denari.
Ora che la patatina scotta, nessuno più si sente di metterci mano sopra.
Quelle del mestiere più vecchio del mondo la isolano, come appestata.
La patatina tira, ma teme la luce del sole: una regola non scritta, ma ben impressa nei cromosomi delle mammellute, vuole che la merce sia data via al buio, nell’ombra, nell’anonimato;
sacramento vitale per la continuazione della specie, da proteggere, come il segreto della confessione per i sacerdoti, d’ufficio per investigatori, notai, avvocati e…no…i giudici no: quelli ormai hanno bottega sulla strada, banchetti e grida da mercato.
Povera stella…
Merce che scotta, da non toccare, come i fili dell’alta tensione.
Non gli è riuscito il gran salto: quello del tradimento che paga, la spinta bastante per farla arrivare e rimanere in orbita e non ricadere al suolo.
Oh, guarda: una stella cadente.
“Gradisca, Presidente”, forza: esprima un desiderio!
Io, secondo me...18.07.2011