martedì 12 luglio 2011

Olio di ricino



Con la merda e ai soldi: mira, colpisci ed espropria.

Da vent’anni, una macchina da guerra, affatto gioiosa, ha messo in opera tutto il peggio che dei devastatori possono sul campo, che pure le piaghe bibliche, a confronto, sono a impallidire.
Come le cavallette, sono programmati per radere al suolo, nel demolire, nell’ingurgitare e digerire ogni qual cosa si frapponga al compimento del loro compito, come geneticamente scritto, dal cromosoma di tanta razza maledetta.
Quasi cento anni ci sono voluti, dalla schiusa delle uova alla disinfestazione storica, perché simili blatte fossero quantomeno ridimensionate e il corpo riprendesse il controllo dopo aver sintetizzato i giusti anticorpi;
se non estirpati, almeno controllati: fastidiosi parassiti da grattare via dal pelo.
La conta dei morti che questa ideologia bacata ha fatto, è impressionate, che neppure contabilizzando l’intera guerra del genere umano fino a loro, riesce neppure ad avvicinarsi, nel computo della macellazione dell’allegra e “gioiosa macchina da guerra” del Comunismo.
I nonni maledetti di questa stirpe avevano sradicato e portato a migrare intere popolazioni, assoggettato e schiavizzato milioni di poveri cristi, da asservire alla produzione di una grandezza industriale, tale che portasse a poter competere con le potenze democratiche.
Ecco, “Siori e siore”,le “masse”: buoi menati al pascolo;
insetti, tanti e intercambiabili, da schiacciare senza pericolo di restarne senza.
Siberia e Gulag epurazioni e purghe, processi sommari per cercare di cancellare i fantasmi dalla mente di un capo completamente rincoglionito, che vedeva nemici dappertutto, a complottare contro l’adesiva ventosa che, sotto il culo, lo attaccava saldamente al potere.
Un proletariato ridotto alla schiavitù, alla miseria e all’imbarbarimento, cui era stato detto e profetizzato che a loro spettava il potere, quando ne avevano nemmeno per avere permesso di andare al cesso.
Tiranni e parassiti, con cui spartiscono capacità nel decomporre, non avendo attitudini simbiotiche, propensione alla reciprocità e allo scambio, tantomeno d’integrazione talentuosa, ove hanno avuto disgrazia di attecchire, ecco l’agonia e la morte di chi li ospitava.
Il loro dio si chiama Odio.
La madre, Presunzione.
Siamo i migliori; il resto: bovini ottusi, portatori di giogo e aratro.
Oggi, la progenie ha cambiato il carapace ma, all’interno di questo, ancora alberga l’animale a sangue freddo, predatore per natura, preistorico per età e riflessi condizionati.
Come per i dinosauri, la caduta della casa genitoriale non li ha del tutto cancellati e sperano di sopperire con il numero delle nascite e a una fortunata lotteria naturale che, ne scampasse solo uno su milioni, permetta di fregare la selezione naturale che gli rema contro.
In fin dei conti, sono i “migliori” e quindi, staffetta ideale per passare testimone.
E poi, sono incistati ovunque, dopo tanta capace e infestante colonizzazione: nelle scuole, nei tribunali, negli uffici pubblici, nei posti dove meglio autocelebrare se stessi.
Tolto la massa tumorale, restano le metastasi, speranza di crescita nel futuro.
Sono tutti uguali, omologati: un Veltroni uguale a un Franeschini, che è lo stesso di Bersani o un D’Alema
Pomposi, tronfi, “tacchineschi”, boriosi e incapaci, sia con la manetta di manovratore che con il “Niet” d’opposizione, marchiato fuoco sulla chiappa.
Estranei comunque a ogni struttura sociale dove stanno, non hanno necessità di portare valore aggiunto, se non al pari di una zecca sul groppone del bue.
Hanno passato vent’anni a cercare la vena giusta per salassare un singolo uomo, il Silvio Berlusconi, superando nell’ostinazione temporale pure i fallimentari” piani quinquennali” dei loro nonni, nel prendersi tanto per agire e confluire in forze su un punto, pensando di poter fare il forellino nella diga, cercandone il crollo.

Con la merda e ai soldi: mira, colpisci ed espropria.

Compiacenti alleati e complici in toga li hanno appoggiati nel passar loro la merda mediatica cui avevano bisogno i “servi” di parte e partito, “cartastraccia rossa” e cassa di risonanza;
all’occorrenza, alla bisogna, per “servizi minori” e di manovalanza (tutto fa brodo), sempre in tema, le fosse biologiche dei centri sociali;
a far da tappo intestinale alla nostra politica, il “Niet”, il “NO”, prestampato, preconfezionato, assoluto, per…partito preso.
No all’alta velocità, alle centrali nucleari, ai gassifica tori, ai termovalorizzatori…no, no, no.
L’importante che la negatività porti al crollo del sistema, perché sperano di spolparne qualcosa, anche le ossa, come fanno gli sciacalli.
Talvolta bastano pochi pirla a mettere nel didietro il tappo al malcapitato e provocarne il collasso.
Non hanno programmi, nessun progetto, nessun coniglio da estrarre dal cilindro, se non da arrostirlo a fuoco lento, dopo aver dato fuoco alla baracca con le Molotov.
Vivono alla giornata, con l'imperativo di abbattere Berlusconi;
del contesto non hanno coscienza e conoscenza.
Un parassita ciuccia e basta, perché gli è stato dato la cannetta per quello e basta, che il cervello sarebbe stato inutile zavorra.

Con la merda e ai soldi: mira, colpisci ed espropria.

In appoggio alla prima, non bastando ad abbattere l’odiato nemico, qualcuno ha pensato di fare come per Al Capone, il famoso gangster italoamericano degli anni trenta: nell’impossibilità di incastrarlo altrimenti, si colpisca nel portafoglio!

Un giudice, uno solo: non un collegio e l’appoggio di un gruppo di esperti, visto l’entità della posta in gioco.
Sentenza di primo grado: un Raimondo Mesiano qualunque, condanna il gruppo di Berlusconi a dare al De Benedetti settecentociquanta milioni di euro!
Sette-cento-cinquanta-milioni.
L'arte “spannometrica” del Raimondino nostro, in quell’ottobre del 2009, era assolutamente fuori da ogni logica economica, ma le toghe già primeggiavano con Dio, nell’applicare vita e morte.
Si rispolverò l’affare Mondadori, di vent’anni fa, che vide alle mani il “Berluska” contro l’”amico della Repubblica”: il Carlo De Benedetti.
Al Silvio gli riuscì di soffiare l’affare al Carletto, che comunque accettò, allora, una spartizione, dove si prese le sue belle soddisfazioni.
Ora però, c’ha l’appoggio del vento divino, dei semidei, dove il nero della veste gemella con il rosso del cuore e il grigio di una vita che può colorarsi, solo ben servendo cause di giustizia, dove i pesi sulla bilancia li può mettere chiunque vesta loro uniforme.
Tanti ne sono usciti, da ombrosi corridoi, per assurgere a quelli grandi e luminosi della politica che, oltre a pagare meglio, stimola orgasmo di ogni Narciso, illuminato da luci e riflettori, portando dalle stalle alle stelle.
Non importa: le galline litigano nel pollaio che va a fuoco, mentre attorno le volpi fanno la posta.
Oggi al Silvio hanno scontato un paio di centinaia di milioni ma, patendo dalla luna, ancora siamo a girare nell’orbita di quella e la cifra rimane folle, incidendo pesantemente nell’assetto di una società che da lavoro a tanta gente.
In Italia.
Fa nulla: l’odio impone che si massacri, oltre ogni ragionevole motivo, il “nano malefico”, che osò rompere il giocattolino gioioso di gente che pensava e con tanta “bauscia”, di avere già in mano il borsino e se lo trovò sfilato di sotto dal veloce piccoletto, che vinse, in libera e democratica tenzone elettorale.
Da allora: con la merda e ai soldi: mira, colpisci ed espropria.

Il loro tanto produrre materiale, ha portato il paese a perdere faccia davanti a chi, non migliore di noi, si è avvantaggiato di tanto litigare, dove tra due, si sa, è sempre un terzo che gode.
Frega ‘na mazza: oggi la lotteria Italia premia il Carletto De Benedetti, lo “svizzero”
Colà ha cittadinanza: da noi arriva solo per le scorribande, come i pirati di un tempo.
Ebbe l’Olivetti, un piccolo gioiellino: la potò al fallimento, assieme ai suoi operai, ma gli riuscì di fare grana;
I disoccupati d’allora lo ricordano bene…l’ingegner De Maledetti!
Gli passò tra le mani l’Omnitel: venduta ai tedeschi della Mannesmann.
A rate.
I crucchi la rivendettero per una cifra immensamente superiore. Senza rate: pronta cassa.
Ma il De Maledetti, comunque, la sua parte d’indigestione se la fece.
Attraverso una delle sue imprese, arrivò a ”sanare” la Domopack: il tempo di mandare a spasso 190 operai e poi, dopo la “disinfestazione”, una bella mancia e via!
E così andare, con scalate, Opa, alchimie e diavolerie d’ogni tipo, dove la priorità era il riempirsi le tasche.
Poi, via, nella sua bella Svizzera!

Non importa: il nemico del mio nemico è il mio miglior amico.

Mi correggo: non è vero che i parassiti non conoscono simbiosi... tra loro, sì.

Avanti, che c’è ancora merda!


Io, secondo me...12.07.2011