giovedì 28 agosto 2008

La legge del menga

"[...] accertato che il veicolo [...] ha violato l'art. 146, comma 3 C.d.S. perché proseguiva la marcia nonostante il semaforo proiettasse luce rossa nella sua direzione di marcia, infrazione rilevata per mezzo d'apparecchiatura elettronica a postazione fissa... "
Multa.
Ben gli sta, che d'incidenti ne abbiamo fin troppi per l'indisciplina di taluni.

Peccato che era la macchina con il feretro del povero defunto, che marciava a passo d'uomo ed era debitamente anticipata dalla presenza di un vigile, seguita dal sacerdote e dal chierichetto con la croce, i parenti dolenti e lo sciame d'accompagnatori.

Al semaforo, all'incrocio prima del cimitero, il vigile di scorta ferma il traffico e fa passare il corteo funebre, subentrando d'autorità e sostituendo per potere l'impianto con tanto di telecamera.
L'oculo elettronico fotografa, che serve a quello;
l'immagine è elaborata, stampato il cartaceo della sanzione, prontamente spedito all'indirizzo della ditta di pompe funebri.
Alla contestazione, il sindaco, che è tutto tranne che un creativo, antepone rigidamente la regola, indifferente all'uso del buon senso, al fatto che le eccezioni vanno interpretate e risolte per quel che sono, "talebanizzando" il codice e applicando la legge del menga.
Impeccabile, irreprensibile, incontestabile.

Come sulla giostra, altro giro, altro premio: passiamo dalla Kabul italiana a Venezia e all'esatto contrario.
Siamo al classico tendone su gambe, con feritoia per i fanali oculari:
chi cazzo e cosa ci sta sotto non c'è dato sapere.

Il fagotto vuole entrare il Cà Rezzonico, celebre palazzo del Canal Grande che ospita il museo del Settecento veneziano;
dato per scontato che sotto vi sia una donna, questa indossa il niqab, che si differenzia dal burqa solo perché quest'ultimo copre pure gli occhi con una retina, che pare la grata di un tombino.
Due leggi dello stato regolano la materia: il testo unico di pubblica sicurezza del 1931 e la legge 152 del 1975;
il primo vieta il comparire mascherati in luogo pubblico, mentre la seconda proibisce ogni mezzo atto a rendere difficoltoso il riconoscimento della persona.
Il sorvegliante del museo ha fatto il proprio dovere, secondo legge, per questo pagato dall'obolo della comunità.
Ha chiesto al bipede nella tenda di farsi riconoscere, ma la "cosa" rifiuta e smamma, insalutato ospite, secondo regole dello Stato, non dell'osteria.
Che stupidino.

- «Un fatto sgradevole, discriminatorio e stupido, non condiviso né da me personalmente né dal resto della direzione dei Musei civici [...] prenderemo provvedimenti».
Ecco che il responsabile, Filippo Pedrocco e i Musei civici sono diventati autorità sovranazionali;
"[...] sta al buon senso del personale valutare in quali casi sia richiesto far vedere il viso, la signora aveva il diritto di visitare il museo".
Signora ?
- «Oh, Filippo: l'hai vista tu, che era una signora ? Se sotto c'era un Orango, uno Yeti o Bin Laden, neppure lo sai adesso !»

L'assurdo è che, in un'intervista alla "Nuova Venezia", il nostro Pedrocco candidamente ebbe a dire:
"[...] per questioni di sicurezza persone con il volto con il volto coperto non hanno accesso alle sale espositive; a Carnevale, quando molti entrano mascherati, chiediamo ai visitatori di scoprirsi il viso".

Due pesi e due misure, in linea con il saggio "Forte con i deboli e debole con i forti", a pararsi il culo, secondo la legge del volga ( Chi l'ha preso nel c... se lo tolga, e lo metta in quello del vicin ), che quella del menga (chi ce l'ha in c... se lo tenga ) l'applica al suo custode e a noi tutti.
Mentalità da budino, della marca Don Abbondio.
E, per favore, non mi si venga a buttare nel cesso le mie, di leggi, subordinate al diritto della musulmana, a che fossero rispettate le sue, di tradizioni:
se andiamo al paese di quella, figlie, mogli e sorelle si devono intabarrare in ampie lenzuola, fino a coprire i piedi e devono portare copricapi, ma accettiamo di farlo, che non siamo in casa nostra.
E non si meni il solito torrone, con la pirlaggine del razzismo e del fascismo rampante, che in Italia non c'è, se non nel complementare del rosso e delle sue brigate, che fanno come il bue che da del cornuto all'asino !

Rovistiamo nel bidone della spazzatura, a tirar fuori le ultime baggianate.

Si chiama Abdul Zainai, originario del Bangladesh, con precedenti per associazione a delinquere ed estorsione, zampillato di galera grazie all'indulto;
all'uscita gli era stata notificato un decreto d'espulsione che, preso alla lettera, dopo avere espulso, aveva usato quella carta per pulirsi.
Lo beccano a vendere merce contraffatta, che ora di mestiere fa il venditore abusivo: i vigili lo prendono, lo alzano da terra, dove si era gettato per fare la sceneggiata e non farsi sequestrare i tarocchi, lo portano alla macchina e mettono la merce nel bagagliaio.
Tamburi e tamburelli, alla ricerca d'ogni osso, pure già rosicchiato, per avvalorare la favola dell'uomo nero che ritorna, suonano le grancasse si mettono a giocare d'immaginazione, a colorare e insaporire il niente:
"[...] picchiato, trascinato e umiliato dai vigili urbani, trattato come una bestia perché immigrato e chiuso nel baule".
Abdul stesso, oggi è a dire che:
nessuno lo ha pestato e scaraventato a terra:
è stato lui stesso a buttarsi sul marciapiede, per difendere le cianfrusaglie;
i vigili l'hanno trattato correttamente.
Anche le notizie hanno seguito la legge del menga...

...della nigeriana, fotografata sdraiata sul fondo di una cella, con le chiappe al vento, in un angolino, "sacco di carne buttato sul pavimento".
E chi ce l'aveva messa ? La posizione migliore e più comoda se l'era scelta da sola !
Sedia e lettino c'erano, ma lei, che per abitudine e mestiere è abituata a stare distesa, per riflesso condizionato lì si era messa.
Che si doveva fare: manganellarla per farla stare in piedi o seduta con la schiena al muro, sollevarla di peso mettendola a letto, rimboccargli le coperte e cantare una ninna nanna ?
Al momento della retata aveva offerto resistenza feroce, scalciando, insultando e reagendo selvaggiamente alle forze dell'ordine.
In gabbia è il suo posto, e la postura probabilmente richiama la sua natura.

Smettiamola di pestarci i coglioni martellandoli sull'incudine: leggi e regole, come la matematica, non sono un'opinione, e servono a garantire le formiche operaie, a che mandino avanti la baracca senza essere calpestate.

Un dovere rispettato porta ad un diritto acquisito;
livella, è democratico, ha valore universale, tanto per il ricco che per il povero, per urbi come per Orbi, in modo che nessuno sia a doversi presentare di retro e prono, alla presenza della legge del menga !


Io, secondo me...28.08.2008

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