mercoledì 6 agosto 2008

ladronCina

Qualche "stagionato" come me non faticherà ad andare indietro di trent'anni dove farà capolino il ricordo del programma "cult" degli anni '70, "L'altra Domenica", con la famosa sigla intitolata "Fatti più in là".
I gorgheggi erano quelli delle Sorelle Bandiera, un trio composto in vero da tre maschiacci:
la "rossa" Neil Hansen, australiano; la "brunetta" Mario Bronchi e la "biondona" Tito Leduc.

"Fatti più in là
così vicino mi fai turbar
fatti più in là...a...a".

Ebbene, propongo che questo motivetto diventi l'inno nazionale cinese, che bene rappresenta modo, metodo e sistema con cui la stirpe dello zafferano ha colonizzato mondo, terra e casa altrui.
Come quello che ti si mette a fianco, sulla panchina, e poi comincia ad allargare le gambe e aprire il giornale, con quell'apertura laterale a pantografo con i gomiti aperti a ventaglio che, poco alla volta, ti costringe a guadagnare il bordo della seduta per poi arrivare al punto di dover scegliere: stare seduto sul vuoto, mimando un comodo appoggio virtuale; accontentarsi, con la sensazione di essere appoggiati sul filo di una lametta, che ti sembra d'essere come l'invito che tiene la ruota della bicicletta, o smammare, sentendoti come la gallina spelacchiata sul capo, segno e distintivo del succube, che cede posto e passo all'elemento alfa, capo-branco per elezione e selezione naturale.

"...che male che mi fai
se sei vicino a me
...io lo so per me son guai
fatti in là fatti in là
fatti più in là a a a a a a".

La Cina comunista è nata stuprando e violentando la dignità altrui, per poi usarne le ossa nel pavimentare la terra rubata.
Leggo, da un vecchio articolo:
"[...] nel 1950 Mao Tse Tung invase e fece sparire lo stato del Turkestan orientale, fondato nel 1946 e in cui i cinesi erano solo 200.000. Con un classico genocidio etnico, Pechino trapiantò nello Xinjiang più di sei milioni di cinesi, che dominarono sui 50 milioni di uighyuri che, da padroni, diventarono servi".
Che senso di "déjà vu", di già visto, e pure di vissuto, riporta alla mente quest'episodio.
Riempio casa tua, portandovi l'intero formicaio o prolificandovi con dovizia, per poi legittimando diritto di possesso, con la prepotenza del numero, secondo la regola del Cuculo.
Per tenere assieme il frutto del malaffare si deve mantenere costante e continua una violenza, feroce e repressiva, a soffocare i rigurgiti e le rivendicazioni di tante autonomie calpestate;
prima o poi bisognerà fare i conti con le forze centrifughe che troppe differenze creano in tali sistemi:
successe alla vecchia Unione Sovietica, come alla Jugoslavia, dagli Asburgo a Tito.
Prima dell'inevitabile e rovinosa caduta però, sempre si arriva ad un picco, che è come l'orgasmo: il massimo improvviso ed il crollo immediato.
La Cina è sul cocuzzolo, e si bea della conquista della vetta, ignorando il vecchio e caro D'Annunzio:
"Chi troppo in alto sale, precipitevolissimevolmente cade ! ".
Ma chi se ne frega degli uighyuri, degli armeni, di quelli del Myanmar ( ex Birmania ), gli Indios, i Pigmei o i tibetani: mica mettono le bombe sui nostri treni, aerei o nelle stazioni !
Bastano e sono utili al trafiletto, a riempire righe asfittiche di cronaca dove, in tempi di magra, s'arriva pure a parlare di quello che aiuta la vecchina ad attraversare la strada.

"Ciufff...ciuffff...ciuff...TUuuu tuuuuuu...HIIiiiiiii...", è arrivato il trenino, carico carico di...

"La locomotiva di Pechino conquista il Tibet [...] inaugurata la ferrovia Golmud-Lhasa: a 5 mila metri, è la più alta del mondo".
Se la mia memoria al gruviera non m'inganna, era l'anno 2006, più o meno in questa stagione, che vedeva titoli del genere:
"Un drago di ferro danza sul Tetto del mondo [...] il presidente cinese Hu Jintao ha inaugurato nella stazione locale il primo treno per Lhasa, capitale della regione autonoma del Tibet".
Ecco vantare i "meriti del socialismo" e lodare il "gran miracolo nella storia mondiale delle ferrovie";
- «Nessun altro Paese è mai riuscito a far andare un treno su terreni gelati a queste altitudini».
Pane per i creduloni: "[...] collegare il Tibet per farlo uscire dall'isolamento e proseguirne la modernizzazione";
leggasi: "cinesizzazione".
Sensazioni dell'epoca:
"Da quando nel 1950 l'Armata popolare di liberazione ha invaso la regione, sempre più cinesi di etnia «han» (quella maggioritaria) si sono trasferiti [] colonizzazione accelerata dalla nuova ferrovia [...] Pechino intensifica lo sfruttamento del Paese, ne diluisce la cultura grazie allo squilibrio demografico

Provare per credere: parola di uighyuri, che ci sono passati per primi.
Ma chi se ne frega, che già sarebbe tanto contare sulle dita di una mano quanti arrivati alla fine di quest'articolo.

"Fatti in là fatti in là
fatti più in là a a a a a a".


Io, secondo me...06.08.2008

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