Ghighè…
Una mamma mi affida questo, uno dei tanti teneri gesti, espressioni e suoni che sono repertorio dei piccoli cuccioli d’uomo;
- «Ora manca solo l’incontrarci».
Ecco allora io, "sicuro nella mia tiepida casa", che "trovo tornando a sera il cibo caldo", ho anche la grazia di trovare "visi amici"…
io, voi, noi, siamo chiamati - e non solo per un giorno - a ricordare, alla MEMORIA, a vigilare, a combattere perché nessuno abbia più a far rivivere, dare a credere e tentare d’attuare un delirio d’onnipotenza, tale da convincersi che pure Dio, a confronto, abbia fatto il suo tempo e sia messo da parte, così come la sacralità della vita, che non è gestibile per delega di chicchessia.
La morte usa la livella, che tutto appiana e, per contro, ecco la vita con la bilancia, di cui solo la sacralità farà da giusto contrappeso ed equilibrio.
Non voglio sentire la coscienza rimordere, perché sono stato vile;non voglio che a me, a noi ma, ancor più ai nostri figli, un altro Primo Levi, milioni di Primo Levi, siano fantasmi per le notti insonni, sempre a chieder di conto e considerare…
se questo è un uomo, che lavora nel fango, senza pace, in lotta per un pezzo di pane, e muore per un sì o un no;
e lo stesso non abbia a fare per lei…
una donna, senza capelli e senza nome e forza per ricordare, vuoti gli occhi e freddo il grembo…come una rana d’inverno.
Ghighè…
No, piccolo mio, nemmeno tu saresti nato in quell’inferno: neppure il grembo di tua madre t’avrebbe riscaldato.
Piccolo Ghighè, quelli come te allora non furono;
tanti che tempo non ebbero neppure di nascere e, chi ancora acerbo, lo stesso finì con il respiro strozzato, nelle camere a gas !
E miglior fortuna non toccò a chi passò oltre, che morì, dentro e fuori il proprio essere, per avere le proprie ossa sepolte in fosse dove finì anche l’umana sostanza, e così nei forni.
In ogni dove, arrivata l’umana follia, eccoli umiliati, percossi, spogliati di beni e dignità , marchiati, ad essere esposti al pubblico disprezzo, raccolti, ammassati come neppure per le bestie condotte al macello, stipati, schiacciati, soffocati e calpestati, per essere poi scaricati come solo per la spazzatura, che neppure sopra di quella avevano potere e posizione;
denudati, per cancellare ogni traccia di personalità, che anche il pudore era un lusso, a lasciare solo la vergogna, che tanto la pelle ce la dovevano lasciare, con il numero stampigliato sopra: solo quello, da quel momento erano.
Chi oggi è a raccontare non è più vivo di quelli: hanno visto fratelli e sorelle, madri e padri e i loro piccoli Ghighè avviarsi in un'altra fila, che non erano abili, no, inutili bocche da sfamare, buoni solo per diventare concime e cenere.
Non siamo così aridi, indifferenti, rassegnati, ipocriti e speranzosi che il fiammifero acceso rimanga in mano ad altri, credendoci "sicuri nella nostra tiepida casa…trovando tornando a sera il cibo caldo e visi amici"…
In sei milioni pagarono: non s’accorsero che i cavalieri dell’Apocalisse erano sfuggiti di mano !
Ma quegli sfortunati, non avevano una MEMORIA cui rifarsi, e furono destinati ad esserlo per noi !
"Se questo è un uomo, che lavora nel fango, senza pace, in lotta per un pezzo di pane, e muore per un sì o un no; una donna, senza capelli e senza nome e forza per ricordare, vuoti gli occhi e freddo il grembo…come una rana d’inverno".
Vegliamo, che nel piccolo sta il grande: il non riconoscerlo dalla brezza ci tornerà a trovare l’uragano.
Non abbiamo alibi, nessun nascondiglio, nessuna scusa, né un catino d’acqua dove lavarci le mani, né foglia che copra l’essere vigliacchi: non è finita, che altri criminali sono a volere finire quel massacro, che coraggiosi padri allora fermarono.
A noi impedire, a noi la MEMORIA, a noi il compito di cancellare, una volta per tutte, le ultime terminazioni nervose di quel mostro.
Per i nostri Ghighè: MAI PIÙ !
Io, secondo me…28.01.2008
lunedì 28 gennaio 2008
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